Se vogliamo descrivere il nostro stato sul pianeta, possiamo affermare che siamo dei “fuggitivi” che, a causa dello spropositato incremento demografico, non sanno più dove fuggire – Danilo Mainardi
Queste sono le parole di ammonimento che chiudono “l’Etologia Caso per Caso” e con cui l’autore Danilo Mainardi mette a confronto l’impatto dell’uomo sulla natura rispetto a quello delle altre «specie opportunistiche che però possono permettersi di sfruttare le risorse fino ad esaurirle perché stanno pur sempre all’interno di un sistema naturale che questo “distruggi e fuggi” lo contempla».
Il Gruppo di ricerca guidato da Jan Zalasiewicz ha decretato l’inizio dell’ Antropocene (termine coniato dal Premio Nobel Paul J. Cruzen) a metà del XX secolo in corrispondenza dell’inizio della Grande Accelerazione, ovvero di quel drammatico aumento della crescita economica, tecnologica e soprattutto demografica della popolazione umana e dell’aumento dell’impatto delle attività antropiche sul Pianeta e sui suoi ecosistemi. Tra gli effetti attualmente più evidenti dell’impatto dell’uomo sulla natura ritroviamo il Cambiamento Climatico e il Surriscaldamento Globale, le cui implicazioni coinvolgono cambiamenti nelle precipitazioni, riduzione dell’approvvigionamento idrico nelle regioni aride, aumento del tasso di migranti ambientali, comparsa di nuove malattie zoonotiche e cambiamenti nella distribuzione delle specie in tutto il mondo. Grazie all’ampliamento delle aree caratterizzate da un clima favorevole alla loro crescita, tra le specie che hanno modificato la loro distribuzione geografica troviamo anche i funghi micotossigeni. Negli ultimi anni si è assistito infatti ad un allarmante aumento del rischio di contaminazione da Aflatossine nell’Europa Meridionale e Centrale, dove si registrano ora frequenti stagioni calde e secche, mentre nell’Europa Centrale e Settentrionale si sta diffondendo sempre di più la specie F. graminearum, il principale produttore di Deossinivalenolo.
Le micotossine sono definite dalla World Health Organization (WHO) come «composti tossici naturalmente prodotti da certi tipi di funghi», quali Aspergillus flavus e Aspergillus pararasiticus (produttori di Aflatossina A and Ochratossina A) o Fusarium (che produce invece deossinivalenolo (DON), nivalenolo (NIV) and tossine T-2 and HT-2, zearalenone (ZEN) and fumonisine), che «crescono su diversi alimenti come cereali, frutta secca, semi e spezie».
L’esposizione di uomini o altri animali a questi composti tossici può dar luogo a manifestazioni acute o comportare ripercussioni a lungo termine. I danni osservabili variano molto in base alla tossina con cui si entra in contatto, nel caso per esempio di aflatossicosi acuta la sintomatologia comprende vomito, depressione, emorragia e può condurre a morte rapida, al contrario una reazione acuta ai tricoteceni si manifesta con irritazione della pelle e diarrea. Per quanto riguarda invece gli effetti a lungo termine delle micotossine, questi sono dovuti ai diversi meccanismi di tipo genotossico, cancerogenico, epatotossico, nefrotossico, immunotossico, teratogenico ed estrogenico che si possono instaurare in seguito ad assunzione cronica di questi composti.
Un altro fattore che non va assolutamente trascurato è l’impatto economico della contaminazione da micotossine correlato alla perdita di rendimento dovuta da un lato alla riduzione del valore delle colture (ogni anno il 25% delle colture nel mondo vengono infestate da funghi tossigeni) e dall’altro alla diminuzione della produttività degli animali da reddito a causa dei problemi di salute associati all’ingestione di micotossine, in particolare i più sensibili sono gli animali monogastrici e gli animali giovani (il microbiota ruminale al contrario è in grado di degradare parzialmente le micotossine). Inoltre, come illustrato nell’articolo Impact of mycotoxin contamination in the animal feed industry, la salute umana può essere danneggiata non solo dall’ingestione diretta di cereali contaminati, ma anche da sottoprodotti di origine animale (come carne, uova e latte) derivati da animali alimentati con cereali contaminati, ingrediente preponderante nella mangimistica zootecnica.
In risposta a questo scenario emerge la necessità di introdurre nuovi approcci nell’industria alimentare e dei mangimi e uno di questi è senza dubbio l’utilizzo degli insetti commestibili. L’inclusione degli insetti nella catena alimentare e nell’industria dei mangimi è aumentata negli ultimi anni a seguito della crescente richiesta di proteine animali da parte della popolazione umana. Come è noto, il convenzionale settore zootecnico non è in grado di soddisfare questa domanda, soprattutto considerando che l’allevamento intensivo non è più eticamente o ecologicamente sostenibile mentre gli insetti, grazie al basso consumo di acqua, alle basse emissioni di gas serra e all’elevato indice di conversione alimentare (ICA), può rappresentare un’ottima alternativa ecologica.
Molti scienziati ora sostengono che gli insetti commestibili possono essere una strategia promettente anche nella lotta contro le micotossine. Gli studi sugli effetti delle micotossine sulla crescita e sulla sopravvivenza delle larve mostrano infatti una diffusa tolleranza ad alti livelli di micotossine, sia come dose singola che come miscela. Sono stati pubblicati anche diversi dati incoraggianti in merito ai fattori di bioaccumulo delle micotossine negli insetti: specie di interesse, come T. molitor, la mosca soldato nero (black soldier) o verme della farina giallo (yellow mealworm), sembrano non accumulare micotossine o, almeno, l’assorbimento di tossine rimane a livelli bassi (es. di AFB1 e DON sono stati rilevati rispettivamente nel verme della farina gialla e nel T. molitor). Da questi studi è emerso che le micotossine contenute nel substrato di crescita degli insetti sono effettivamente rilevabili nel materiale residuo e l’analisi di quest’ultimo suggerisce una via metabolica specie-specifica che dovrebbe essere ulteriormente studiata. Confrontando, ad esempio, i substrati residui del verme della farina gialla e della mosca soldato nero allevati sullo stesso substrato, solo nel residuo del verme della farina gialla è stata trovata una certa quantità di AFM1 che denota un metabolismo parziale di AFB1. Partendo da questi risultati, alla conferenza del 2019 WMFmeetsIUPAC, Ronald Maul (National Reference Laboratory for Mycotoxins presso il German Federal Institute for Risk Assessment) ha presentato un approccio innovativo e attraente per la “disintossicazione del grano” che consente l’allevamento degli insetti su substrato contenente grano con contenuti di micotossine che sarebbero pericolosi per l’uomo e gli animali. Se fosse così, e sembra che lo sia, l’allevamento di insetti commestibili potrebbe fornire non solo una soluzione etica ed ecologica per la domanda di proteine animali, ma anche una strategia promettente per trattenere i cereali contaminati nella catena alimentare e dei mangimi, mantenendo allo stesso tempo la sicurezza alimentare.
Ilaria Marini
Referenze:
Mainardi, D. (2002), Etologia caso per caso. Bologna. Oasi Alberto Perdisa
Schrögel P. and Wätjen W., Insects for Food and Feed-Safety Aspects Related to Mycotoxins and Metals, Foods (2019), 8, 288; doi:10.3390/foods8080288
Magnoli A. P. et al., Impact of mycotoxin contamination in the animal feed industry, Current Opinion in Food Science (2019), doi: https://doi.org/10.1016/j.cofs.2019.08.009
Moretti, A., et al., Mycotoxin risks under a climate change scenario in Europe, Trends in Food Science & Technology (2018), doi: 10.1016/ j.tifs.2018.03.008.
Maul R., Yellow mealworms are highly resistant to a aflatoxin B1 and zearalenone – a possible approach for grain ‘detoxification’?, in WMFmeetsIUPAC 2019, Abstract of Lecture WMFmeetsIUPAC 1 14-16 October 2019, Belfast, Northern Ireland
“Mycotoxins”, World Health Organization (WHO), Web. 4 Nov. 2020. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/mycotoxins.