Intervista a Marco Belpoliti, professore di Sociologia della Letteratura presso l’Università di Bergamo e scrittore
Recentemente per Guanda è uscito il suo libro “La strategia della farfalla”, un viaggio attraverso il mondo degli insetti che troppo spesso ignoriamo. Come mai questo interesse?
Risale a parecchi anni fa. All’incontro con i libri di Giorgio Celli, dopo l’università a Bologna, poi varie recensioni a libri che uscivano da Adelphi sulle formiche o sul Superorganismo, scritte negli anni Novanta. Venti anni fa ho lavorato intorno a un bestiario di Primo Levi pubblicato in rivista nel 1997, che comprendeva vari insetti, in particolare formiche, scarafaggi, e anche ragni, che insetti non sono, anche se comunemente li consideriamo tali. E ancora le farfalle di Nabokov, di cui mi sono occupato come editor di un volume di “Riga” presso Marcos y Marcos dedicato allo scrittore russo-americano. Mi ero interessato alla sua classificazione basata sui genitali dei lepidotteri a Harvard.
Normalmente consideriamo gli insetti come creature repellenti e disgustose, infestanti delle colture, sporche e portatrici di malattie. Quale rappresentazione ne troviamo nella letteratura?
Una rappresentazione ambivalente: attraggono e respingono contemporaneamente. Di recente sono usciti vari saggi e libri sul rapporto tra gli insetti e la letteratura. Tutti ricordano l’insetto in cui si trova trasformato Gregor Samsa nelle “Metamorfosi” di Kafka, emblema di questa doppia reazione. Poi c’è “La formica argentina” del racconto di Calvino, anche lei un elemento inquietante nel romanzo breve dello scrittore ligure. La lista sarebbe lunghissima, e qualcosa c’è nel mio libro. Non esiste l’insetto solo negativo o solo positivo; forse vale più il segno meno di quello più in letteratura. L’insetto è un incubo ricorrente, l’idea di trasformarsi in qualcosa di minimo o minore, in qualcosa di ancestrale.
Ritiene che, mediamente, le società più industrializzate siano consapevoli dell’enorme importanza degli insetti per l’ambiente in cui viviamo?
Penso di no. Non c’è stata nel passato una vera educazione all’ambiente in generale, sia ecologico in generale che animale. Anche le piante, se è per questo sono quasi sconosciute. Non parliamo dell’erba. Figuriamoci gli insetti. Ma pian piano la biologia e i vari studi naturalistici stanno cambiando la percezione. Poi l’educazione ambientale nelle scuole. Le prossime due o tre generazioni saranno meno ignoranti e più consapevoli della mia.
Da Expo in poi si è scatenato un grande interesse mediatico sul tema degli insetti commestibili e sul ruolo che presto avranno come fonte alternativa di proteine. Cosa pensa dell’entomofagia?
Non ho mai mangiato insetti, ma la cosa mi affascina. Bisognerà stare attenti a non estinguere gli insetti per mancanza di altro cibo. Noi umani siamo voraci! Non ho pregiudizi, anche se nella mia cultura alimentare c’è il maiale o la gallina e non la formica o la cavalletta.
Una dieta integrata da prodotti derivati dagli insetti è ovviamente incompatibile con la considerazione che attualmente ne abbiamo e cui accennavamo prima. Questa incompatibilità può essere risolta in un paese culinariamente tradizionalista come l’Italia?
Le cose si modificano lentamente, ma si modificano. Penso che quello degli insetti edibili sarà ancora un tabù per molto tempo. Del resto è abbastanza comprensibile. Fatto salvo per le cucine orientali, che li comprendono come cibo; ma proprio queste cucine stanno catturando l’attenzione di molti nel nostro paese. Siamo tradizionalisti, ma anche molto curiosi.
La letteratura può essere uno dei veicoli di diffusione di una “nuova immagine” degli insetti in generale e di quelli commestibili in particolare?
Non lo so francamente. Direi che la letteratura fantascientifica non incoraggia questa nuova immagine; ma più che la letteratura sono importanti cinema e fotografia, le arti visive in generale.
Le è mai capitato di assaggiare degli insetti? Avendone l’occasione li proverebbe?
Come ho detto, non mi è mai capitato. O almeno non in modo consapevole in qualche viaggio in Oriente. Perché no? Se sono buoni si possono assaggiare. Le dirò francamente che non penso a una mia dieta fondata anche sugli insetti. Sono per lo più vegetariano, ma non disdegno la carne e come emiliano amo molto i salumi. Si possono produrre cibi simili? Le domando io. Cibi saporiti come un salame o il culatello di San Secondo? Nel caso, la risposta è: sì!