Quando parliamo di cibo non parliamo solo di sopravvivenza, ma di giustizia, di equità sociale, di distribuzione ed uso delle risorse del pianeta. Di un pianeta che non appartiene a nessuno di noi e contemporaneamente a tutti.
Ma ancora una volta sembra che questo “tutti” non sia omogeneo, che esistano almeno due blocchi anche quando si parla di questioni relative il mercato degli insetti commestibili e le economie che ci ruotano attorno, di aumento della popolazione mondiale, del sistema di produzione alimentare e di lotta alla fame.
Ci sono molte considerazioni che si possono fare, alcune interessanti altre meno. Una che mi pare piuttosto interessante la propongo di seguito.
Gli insetti commestibili sono un’ottima fonte proteica, il loro allevamento è relativamente semplice e l’apporto nutrizionale che possono garantire è certamente utile per combattere direttamente –cioè attraverso il consumo diretto- i deficit alimentari umani nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. In quelli già sviluppati invece quei deficit non esistono ma ci sono enormi problemi di altra natura collegati alla produzione del cibo, vedi ipersfruttamento delle fonti, concentrazione dei capi in luoghi e modi incompatibili con il loro benessere psicofisico, inquinamento ambientale, utilizzo preventivo dei farmaci e composizione dei mangimi.
Già dopo queste poche righe è semplice capire quali siano i due blocchi cui mi riferivo poco fa.
L’addetto che a Roma lavorerà nell’azienda allevatrice di grilli, produttrice di farina di grillo e prodotti che la contengono come ingrediente –poniamo la pasta e le barrette energetiche- si troverà probabilmente nella condizione di non potersi permettere di acquistare i prodotti che contribuisce a produrre, che sono infatti al di fuori del budget di una famiglia media se non come acquisto una-tantum per soddisfare la curiosità. È anche vero che lo stesso addetto, a Roma può trovare centinaia di alternative per assumere proteine, praticamente tutte meno costose.
Non se ne parla quasi mai, ma la verità è che in occidente questa rivoluzione alimentare non può che essere inizialmente alimentata (scuserete il gioco di parole) da una “upper-class” illuminata di consumatori che inietti risorse economiche nel settore facendo avviare il business, generando utili per le aziende e l’aumento di domanda/produzione necessario a far scendere i prezzi e rendere accessibili i prodotti a base di insetti commestibili ad una fascia di consumatori il più larga possibile. Se questi prodotti non dovessero raggiungere una diffusione di massa, allora non potremo parlare di rivoluzione ma solo di creazione di un’altra nicchia per un tipo diverso di costoso sushi.
Certi cambiamenti non si possono imporre con le forche e i bastoni, coinvolgono aspetti culturali in cui la consapevolezza, l’istruzione e la possibilità economica giocano un ruolo fondamentale nel riuscire ad orientare determinati fenomeni sociali.
Come dire: gli insetti non sono cibo per i poveri.
Gli insetti non sono cibo per i poveri
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