Abbiamo avuto modo di fare un giro al Sana di Bologna, anche se l’entomofagia non era argomento della manifestazione. Come promotori di eco-sostenibilità ed eco-compatibilità abbiamo curiosato, forse anche per confrontarci con realtà diverse ma con i medesimi obiettivi ecologici come quelle vegane.
Girando per gli stand, si ha sì la sensazione di trovarsi immersi in una manifestazione dedicata al gusto, ma spesso per i miei gusti, scusate il gioco di parole, il gusto lascia il posto alle filosofie emulative, insomma, quei giochi di prestigio etico-commerciali chiamati ‘nduja o mortadella vegana, un mondo in cui un prodotto per rendersi appetibile si veste di territorialità che non ha o nasconde i paradossi che lo accompagnano.
Sappiamo che il disgusto spesso è associato più che a fattori sensoriali a fattori sociali e comportamentali: mangiare un grillo o una mortadella vegana può essere strano allo stesso modo per i sensi, ma mangiare il grillo rientra in quei comportamenti socialmente rifiutati. E’ comprensibile che affrontare lo sciapo sia meno difficoltoso che affrontare i propri limiti, ma dobbiamo essere capaci di valorizzare le caratteristiche tangibili non effimere di un prodotto, dando un valore concreto al sano e buono, lasciando che siano i nostri sensi a decidere.
Non sono comunque mancati prodotti del nostro meraviglioso paese, prodotti di grande carattere territoriale spesso accompagnati da imprenditorialità giovanile, di cui si può scorgere una gestione vocata sì al ritorno del tradizionale, ma contornata da comunicazione moderna, sicuramente stilizzata, audace nella ricerca di naturalezza ma composta nella presentazione senza perdersi in inutili tiritere, messaggi diretti e semplici da tradurre, etichette accattivanti ma non abbaglianti, perché lo scopo è abbattere la barriera tra prodotto e packaging in modo efficiente e non mistificato. Avendo sicuramente interagito con la parte tangibile di un prodotto (insomma, ho assaggiato!), ho potuto giocare d’anticipo con la comunicazione che contornava lo stesso, e quasi sempre la capacità di tradurre in packaging le valenze mi è sembrata non ingannare il consumatore.
Le capacità giovanili nella gestione di aziende alimentari sono il lume giusto per rendere appetibile ciò che lo è realmente, i giovani sono la chiave di volta per aprire le menti al nuovo che poi tanto nuovo non è, come lo è oggi per il Bio che in realtà è un ritorno al vero e al naturale; lo stesso si può dire per l’entomofagia, consumare insetti non è nulla di nuovo, è solo un ritorno a ciò che eravamo in passato, nell’antica Roma infatti si consumavano insetti. Spetta proprio ai giovani imprenditori passare messaggi semplici e di facile lettura, consolidare l’idea di “ritorno al nuovo” che anche l’entomofagia incarna: un passato reinterpretato che diventa un mezzo per un futuro certo.
Grazie a questo modo di comunicare, capace di restituire un’identità alimentare all’insetto (normativa permettendo), potremo vedere domani molte giovani aziende proporre anche al “Sana” le indiscusse qualità organolettiche degli insetti commestibili, proteine (e non solo) inconfutabilmente più eco-sostenibili ed eco-compatibili di qualunque altra fonte tradizionale attualmente sfruttata.
Simone Zucchi