Intervista con il Dr. Terry Green, fondatore di DipTerra
Può dirci come si è interessato agli insetti commestibili?
In tempi diversi, come scienziato e uomo d’affari, mi sono imbattuto in scoperte molto sorprendenti a proposito degli insetti, delle notevoli caratteristiche e dei comportamenti che li contraddistinguono. Circa 10 anni fa, mentre facevo ricerche sulle tecniche microbiologiche nel riciclaggio dei rifiuti biodegradabili, in particolare i rifiuti alimentari, sono venuto a conoscenza di una serie di documenti di ricerca che descrivevano la Moca Soldato Nera (BSF – Hermetia illucens) e la sua capacità unica di crescere su quel tipo di rifiuto. Ho trovato informazioni su come crescere e aumentare la produzione di BSF, ma comunque carente. Sembrava ovvio però che la produzione di BSF su rifiuti organici potresse essere molto utile e su molti fronti, non solo nello sviluppo di una tecnologia per compensare l’overfishing negli oceani del mondo producendo un sostituto di alta qualità della farina di pesce, ma anche come un mezzo per ridurre i sottoprodotti inquinanti rilasciati nell’atmosfera e nei corsi d’acqua provenienti dalla decomposizione di rifiuti organici. Capire come far crescere BSF su rifiuti in modo efficiente ed economico e su scala industriale è stato intellettualmente impegnativo, ma mi ha anche attratto come una calamita nel lavoro in questo settore.
Lei ha recentemente scritto un articolo in cui in sostanza dice che nell’industria delle BSF l’entusiasmo e l’interesse sono molto più consistenti del know-how scientifico, delle ricerche e dei processi industriali. Perché?
Ci sono diverse sfide scientifiche, di progettazione e ingegneria che necessitano di attenzione per arrivare ad una produzione di BSF su larga scala e su cui si è sorvolato a causa dell’eccitazione nel promuovere questa promettente tecnologia. Il divario tra promozione pubblicitaria e know-how è ancora piuttosto ampio, ma per darvi un’idea delle distanze tra la promozione della tecnologia rispetto e ciò che è effettivamente, posso dire per esempio che l’industria nel suo complesso è stata in gran parte in silenzio quando si è trattato di affrontare il fenomeno a volte indicato come “collasso della colonia” (una improvvisa e inaspettata moria delle larve), che può compromettere e anche bloccare il funzionamento di un impianto per mesi e mesi. Molta poca ricerca approfondita è stata fatta per indagare quali circostanze portino al “collasso della colonia”, quali segnali preventivi intercettare e come evitare che accada.
Inoltre, le aziende che lavorano in questo campo per la maggior parte stanno perseguendo una produzione di larve utilizzando piccoli bidoni di plastica poco profondi o in alcuni casi bidoni in acciaio inox. Il costo iniziale per l’acquisto e l’installazione di questi tipi di unità di elaborazione in una sequenza produttiva, il lavoro nella gestione e supervisione di questo tipo di operazioni e di una “brigata dei bidoni”, sono estremamente costosi e intensivi. Il bidone di plastica e l’unità di acciaio inoltre non sono materialmente in grado di resistere alle sollecitazioni meccaniche ed ambientali incontrate durante la movimentazione di tonnellate di rifiuti attraverso il processo produttivo. L’impiego di acciaio inossidabile per i bidoni comporta in più un certo rischio riguardo la contaminazione delle larve con metalli pesanti tossici quali ferro, cromo e nichel, che potrebbero deteriorare il prodotto finale.
Per raggiungere e sostenere una produzione industriale pari a diverse centinaia di tonnellate di larve all’anno, le aziende che allevano BSF perseguendo obiettivi su scala industriale dovrebbero considerare di allontanarsi dagli attuali sistemi così poco adatti allo scopo. Considerando che esiste un grande interesse nell’allevamento di BSF su scala commerciale, aziende che operano in questo settore, per qualche motivo, forse nella fretta di essere i primi a rivendicare scale-up di successo, non hanno investito abbastanza tempo nella progettazione e nel collaudo di layout di processo più adatti rispetto a quelli attualmente in uso.
Misure di controllo e regolamentazione della sicurezza del lavoro, standard di qualità per la sicurezza alimentare, devono tutti ancora essere elaborati ed attuati per quanto riguarda la valutazione della sicurezza e della qualità delle larve cresciute su rifiuti previste perché le stesse possano essere vendute e utilizzate come materie prime di origine animale. Inoltre vi è una reale necessità che le aziende che sostengono le proprie competenze nell’allevamento di BSF segnalino in un formato standard le rese dei raccolti e i rapporti di bioconversione delle larve, così che possano essere confrontati portando molta di più trasparenza nel settore e aiutando le parti interessate a valutare i progressi nello sviluppo di questa tecnologia.
Questi esempi, anche se non esaustivi, mettono in evidenza alcune delle carenze e delle le lacune più importanti nella tecnologia di allevamento di BSF e relativi alla nostra attuale base di conoscenza collettiva, che mi causano preoccupazioni per il fatto che in questo campo la promozione pubblicitaria attualmente supera il know-how.
L’industria BSF è così lontana da una vera, seria ed efficace produzione di massa?
L’industria ha ancora alcuni nodi da sciogliere. Credo che ci sarà ancora una discreta quantità di tentativi ed errori nel corso dei prossimi anni, appena ci si metterà d’impegno per superare alcune delle sfide tecniche che dobbiamo affrontare in questo settore per portare la produzione fino a una scala ed una condizione sufficientemente affidabile per i produttori di mangimi, affinché possano impegnarsi ad acquistare larve cresciute su rifiuti. Credo che le aziende abbiano bisogno di espandere anche la loro visione agli altri sottoprodotti che possono essere commercializzati, mentre l’allevamento di BSF su scala industriale dovrebbe contribuire a generare entrate sufficienti e necessarie a mantenere le loro operazioni vitali.
La meccanizzazione è l’unico modo per abbassare i costi di produzione della filiera produttiva?
Penso che più progettazione e ingegneria debbano essere iniettati nella pianificazione e nella sperimentazione della produzione di BSF su ampia scala, prima che sia possibile dire molto sull’impatto della meccanizzazione sui costi di produzione. Certamente la meccanizzazione è importante per ottenere costi di produzione più contenuti.
Quali sono i maggiori problemi che fronteggiano “sul campo” quando si decide di avviare un’azienda di allevamento di BSF?
Li condenso di seguito, partendo dal presupposto che la tua domanda riguardi l’avvio e la gestione di un impianto commerciale di allevamento e trattamento di BSF (riconoscendo, tuttavia, che non esiste un mercato su larga scala che potrebbe compensare il costo di gestione di un tale impianto, almeno attualmente qui negli Stati Uniti o in Europa…in attesa dell’approvazione dei regolamenti che contemplino la possibilità di vendere BSF come materia prima animale).
In primo luogo riconoscere che, poiché questo settore è ancora nella sua infanzia, ancora non c’è alcuna indicazione concreta su come gestire con successo un impianto commerciale, e che di conseguenza esistono rischi significativi che devono essere affrontati. Una produzione massiva non può essere fatta con un budget ridotto. Bisogna essere realisti. Prima di avviare una produzione stimare i potenziali flussi di reddito, considerando la quantità di larve che si vogliono produrre e le relative quantità di rifiuti da reperire. Stimare i costi della logistica per non trovarsi impreparati. Stimare il budget per gli investimenti tenendo presente che è molto probabile che nelle migliori circostanze l’operazione potrebbe richiedere cinque (o più) anni prima di raggiungere un punto di pareggio. Pensare attentamente alla possibilità di integrare le operazioni del proprio impianto con quelle di un impianto -privato o pubblico- di compostaggio in modo da condividere le autorizzazioni per la lavorazione dei rifiuti, gli spazi, le attrezzature di carico, trovando sinergie nel trattare diverse forme di rifiuti e ricavando grande vantaggio nel controllo i costi.
In secondo luogo, avvalersi di esperti nelle BSF per aiutare l’azienda a funzionare. Questo farà risparmiare una grande quantità di tempo e denaro nel non dover reinventare la ruota.
In terzo luogo, iniziare con una configurazione dell’impianto in scala 10-20% rispetto all’obiettivo di produzione e verificarne le prestazioni prima di affrontare la capacità operativa al 100%. Assicurarsi di aver pianificato/preventivato per lo smaltimento e/o la vendita di rifiuti su cui verranno allevate le larve e di aver controllato questo aspetto del funzionamento prima di raggiungere la piena capacità.
Infine, ricordare che si avrà a che fare con i rifiuti in decomposizione, con tutti i problemi che ne conseguono, come il fastidio per i vicini sottovento. Sarà molto probabile che, per ovvi motivi ambientali, ci sarà bisogno di conseguenza di budget addizionali da destinare al controllo degli odori e al corretto smaltimento dei rifiuti e dei sottoprodotti.
Ci può spiegare l’importanza dei substrati nell’allevamento di BSF? Qual è la formula migliore?
La larva di BSF non può elaborare rifiuti costituiti principalmente da cellulosa complessa o fibre legnocellulosiche (i tipi di polimeri presenti in legno massello, bastoni, paglia, cortecce, cartone, carta, etc.). Hanno anche difficoltà a decomporre rifiuti troppo ricchi di lipidi, ad esempio rifiuti pesantemente carichi di oli vegetali o grassi. Possono elaborare carni finché la presenza nei rifiuti sia non superiore a circa il 10-15%, ma non riescono a prosperare con una dieta troppo ricca di carne.
Le larve di BSF crescono molto bene sui rifiuti da prodotti alimentari (pre e post-consumo) compresi tutti i tipi di scarti di frutta e verdura, frattaglie di pesce miscelate con prodotti scartati, scarti di cibo ricchi di carboidrati (cereali, pane raffermo, dolci, farina, farina di mais, cereali, pizze, avanzi burro di arachidi, etc.). È ben noto che crescono anche su concimi animali, anche se con un rendimento inferiore per unità di peso secco di substrato rispetto a quello ottenuto con substrato da rifiuti alimentari.
I rifiuti devono essere macerati e spezzettati per massimizzare le superfici. Le larve si nutrono di sostanze nutritive presenti nei rifiuti, dei microbi che crescono sui rifiuti e dei sottoprodotti da questi rilasciati. L’aumento della superficie migliora notevolmente le interazioni sinergiche tra larve e microbi e consente anche alle larve migliore accesso alle sostanze nutritive nel substrato.
Quali sono i prodotti che DipTerra commercializza?
L’attività principale di DipTerra è il lavoro di consulenza e il supporto nella risoluzione dei problemi per aiutare le imprese e gli imprenditori ad ottenere un allevamento di BSF installato e funzionante. Vendiamo pre-pupae di BSF e larve giovani nelle varie fasi del ciclo di vita, nonché eBook sulle BSF e tecnologia con cui lavorarci. Facciamo tutto l’anno test sul campo per vagliare e valutare vari layout di progettazione e le strategie volte a massimizzare la produzione larvale di BSF nel nostro stabilimento pilota, che è in continuo funzionamento da circa cinque anni.
Qual è la vostra produzione annua?
La produzione annua è minima in quanto obiettivo della nostra azienda è principalmente il lavoro di consulting e di Ricerca&Sviluppo per la gestione di un allevamento di larve di BSF. Nel condurre i test su diverse tecniche di allevamento, nell’impianto pilota abbiamo processato tra 15 e 20 tonnellate di rifiuti alimentari all’anno. L’impianto funziona 365 giorni all’anno.
Può fare una previsione commerciale sullo sviluppo dell’industria BSF nei prossimi 5 anni?
Prevedo che nei prossimi cinque anni avremo progressi significativi nel portare avanti la produzione commerciale di BSF allevate sui rifiuti. Molto dipenderà dall’afflusso di capitali e dalla simultanea costituzione di team di progettazione e di ingegneria con esperienza, disposti ad accettare la sfida di ottimizzare la produzione di BSF su larga scala. Questo è un obiettivo importante, ma servono ancora po’ di sforzi e duro lavoro prima di rendere questa tecnologia più praticabile.
Penso sia improbabile che una qualsiasi società attualmente impegnata in questo settore possa raggiungere la redditività commerciale entro i prossimi cinque anni. Non dico questo per dare una valutazione negativa dello stato attuale del settore, ma per dare una visione limpida delle sfide che ancora necessitano di essere affrontate per spingere il comparto avanti verso l’autosufficienza.