Intervista a Domenico Azzollini, dottorando presso l’Università degli Studi di Foggia e attualmente guest PhD presso l’Università di Wageningen
Qual è la tua formazione universitaria?
Una formazione internazionale, avendo beneficiato diverse volte della possibilità di studiare all’estero pur rimanendo legato all’università italiana. Infatti, ho inizialmente conseguito un diploma di Laurea Magistrale in scienze e tecnologie alimentari presso l’Università degli Studi di Foggia, discutendo una tesi di ricerca svolta durante un periodo di formazione presso l’Università di Helsinki, Finlandia. Successivamente, nel 2014, ho iniziato un Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente dell’Università di Foggia, e attualmente sono all’Università di Wageningen, in Olanda, per ricerche inerenti al progetto di Dottorato.
Qual è il tema del tuo dottorato all’Università di Foggia, e l’attività a Wageningen (e come sei approdato lì)?
Il mio è un dottorato in “Gestione dell’innovazione nei sistemi agro-alimentari della regione mediterranea”, e i miei studi sono focalizzati sull’impiego di insetti edibili nell’alimentazione umana. Questa opportunità mi è stata data dal mio tutor la Prof.ssa Carla Severini, assieme alla quale e al Dr. Antonio Derossi studiamo infatti la possibilità di ottenere alimenti arricchiti con insetti, ed in particolare snack, tramite l’impiego di tecnologie tradizionali come l’estrusione cottura e innovative come la stampa 3D. Nello specifico valutiamo gli eventuali vantaggi e svantaggi che derivano dall’impiego di insetti sotto il profilo nutrizionale, tecnologico e microstrutturale. A Wageningen studio l’importanza della microstruttura sulla digeribilità di tali snack.
Il progetto è finanziato da qualche investitore privato?
No, non ci sono investitori privati nel progetto ma fondi dedicati al dottorato e fondi di ricerca interni. Tuttavia, il nostro gruppo è tra i primi in Italia a lavorare su questi argomenti, e, come già avvenuto in passato, non è escluso che in futuro ci possano essere interessi privati.
A quale trattamento devono esser sottoposti gli insetti commestibili per ricavarne una sostanza che si possa stampare in 3D?
Gli insetti sono innanzitutto sottoposti a trattamenti già praticati in altri alimenti come quello di essiccamento che li rendono conservabili e trasformabili in sfarinati. Ottenuta una polvere, l’insetto diventa irriconoscibile e versatile, tale da poter essere miscelato con farine di cereali o altri ingredienti alimentari per l’ottenimento di impasti stampabili in 3D. Vi sarebbe la possibilità di estrarre nutrienti specifici dagli insetti, come proteine o grassi, ma abbiamo preferito mantenere l’integrità della matrice per valutarne l’applicabilità diretta sia a livello industriale che domestico. Inoltre diventa sempre più chiaro che l’efficacia di molti componenti nutrizionali/funzionali è maggiore se questi rimangono nella matrice d’origine anziché esserne isolati.
Avete modificato una stampante 3D normalmente in commercio o è stato necessario progettare e costruire un device tutto nuovo?
Come può immaginare, l’impiego della stampa 3D di alimenti nel panorama internazionale è agli albori. Al contrario però, il suo utilizzo è sempre più diffuso in campo medico, ingegneristico e militare. La nostra è una stampante ideata in Italia e concepita per la stampa di materiali fluido-densi come ceramica e argilla. I nostri sforzi si sono concentrati su studi preliminari di formulazione e ottimizzazione del processo per l’impiego di matrici alimentari, mantenendo la stampante nella sua forma originaria.
Quali sono le possibilità che domani questa tecnologia potrà fornire ad un utente business (pensiamo ad un ristorante o simili)? E all’utente domestico (tutti noi a casa nostra)?
Pressoché smisurate. Si pensi, ad esempio, alla stampa di alimenti con forme accattivanti per i più piccoli, geometrie invitanti per la ristorazione o design funzionali con proprietà strutturali innovative. La rivoluzione non si ferma qui ma si estende anche a livello logistico, dando vita alla possibilità di produrre alimenti in modo flessibile e decentralizzato, anche a livello domestico. Immagini un’alimentazione completamente personalizzata nella composizione nutrizionale ad esempio per sportivi, nel contenuto calorico per i più attenti all’alimentazione, o nella composizione e consistenza dell’alimento stesso per individui allergici, intolleranti, o con patologie come la disfagia. Infine, tra le applicazioni più futuristiche e ad oggi non ancora concepibili, la stampa di alimenti può persino favorire lo sviluppo della personalizzazione nutrizionale su base genetica.
Ritieni che, per vincere il senso di disgusto ed essere accettati nel mondo occidentale come alimento, gli insetti debbano allontanarsi il più possibile dal loro aspetto originale?
Il disgusto nei confronti degli insetti nel mondo occidentale è un dato di fatto di natura antropologica. Però, com’è accaduto in passato nei confronti di alcuni organi di carne, l’accettabilità di questi ultimi è migliorata rendendoli appetibili e familiari nel gusto, nell’aspetto o nella consistenza. È possibile che l’introduzione degli insetti in modo da essere irriconoscibili in alimenti familiari ne faciliti l’accettabilità e la propensione al consumo. È proprio questo il motivo che ci ha spinti a studiare la fattibilità dell’introduzione di insetti commestibili in alimenti di largo consumo come gli snack.
Che sviluppo avrà l’entomofagia in occidente?
È difficile da prevedere, ma si sta facendo sempre più spazio la consapevolezza che gli insetti sono da tempo consumati da popolazioni orientali, che vantano buone proprietà nutrizionali e che sono sostenibili dal punto di vista ambientale. È comprensibile che tutto questo, congiuntamente ad una campagna di sensibilizzazione verso il tema e a una rapida e chiara legislazione possa favorirne lo sviluppo, come già accade in alcuni paesi dell’unione europea.