Intervista con Evelina Flachi, nutrizionista, specialista in scienza dell’alimentazione e Presidente della Fondazione Italiana Educazione Alimentare (Food Education Italy)
Quali sono le attività della Fondazione?
La Fondazione promuove l’educazione alimentare nella scuola, nella famiglia e nel territorio nazionale a vari livelli sociali e culturali, secondo le linee guida 2015 sull’educazione alimentare del MIUR (Ministero Istruzione,Università e Ricerca).
Di base lo scopo è quello di fornire adeguati ed innovativi strumenti educativi interdisciplinari ai docenti scolastici e a tutti coloro che si interessano di alimentazione. Per favorire una buona e ampia cultura su tutti i temi che ruotano intorno al cibo la nostra Fondazione ,accreditata dal MIUR, ha costituito FOODEDU ACADEMY (Accademia di Formazione certificata) per fornire corsi interdisciplinari e di approfondimento per il corpo insegnante secondo un percorso di orientamento personalizzato, sempre seguiti da un nostro tutor .I nostri corsi sono stati costruiti per favorire una consultazione dinamica, interattiva e ricca di contenuti multimediali utili e possono fornire tutti gli strumenti e le tecniche educative più innovative (anche on-line) per ottenere i giusti risultati in continuo aggiornamento. Se l’educazione alimentare viene fatta da formatori esperti già ai bambini a scuola ,sicuramente potremo avere dei giovani pronti a fare delle scelte alimentari consapevoli e quindi degli adulti più sani, riducendo così anche l’incidenza sul costo del sistema sanitario nazionale delle malattie collegate al sovrappeso.
Sentiamo spessissimo parlare della validità della dieta mediterranea, ma data la grande quantità di cibi importati dai più diversi paesi del mondo ha ancora davvero senso la definizione “mediterranea”?
Sicuramente sì e sempre di più.
I prodotti italiani certificati come quelli DOP o IGP ed altri, sono protetti da protocolli di produzione a garanzia del consumatore e consumandoli in modo corretto e in porzioni adeguate non solo ci permettono di seguire una dieta sana (che va sempre accompagnata da un sano stile di vita e da una quotidiana attività motoria) ma anche di distinguerli da quelli di minor qualità e sicurezza produttiva, spesso provenienti dalla concorrenza estera.
La comunicazione corretta ha in tutto questo un ruolo fondamentale per orientare il consumatore su scelte nazionali più sicure e garantite dalla nostra controllata filiera di produzione.
L’educazione alimentare nelle scuole è un tema sufficientemente sviluppato?
Adesso, per fortuna e grazie anche alle attività di cui dicevo prima, è un tema che ha sempre più peso. Ora le “Linee guida per l’educazione alimentare 2015” del MIUR hanno suscitato l’interesse anche di altri Ministeri e nei confronti di queste tematiche c’è anche più interesse da parte dell’industria alimentare. A questo proposito, nell’ambito di Cibus si è tenuto un evento intitolato “Scuola e aziende insieme per un’educazione alimentare certificata”.
Nell’educazione alimentare che diamo ai nostri figli quanto pesano le tradizioni e quanto una reale conoscenza della salubrità di ciò che mangiamo?
Le tradizioni pesano molto ed è giusto che non vengano demonizzate o abbandonate. Come acquisiamo nuove abitudini e tradizioni alimentari provenienti da altri paesi, a maggior ragione non dobbiamo perdere le nostre. Possiamo però abituarci a fare delle correzioni, per esempio stando più attenti alle quantità di grassi, utilizzando i nuovi sistemi di cottura, controllando maggiormente le porzioni, badando alla sicurezza del cibo ed evitando lo spreco. Anche tutto questo fa parte dell’educazione alimentare, per fare scelte alimentari consapevoli e sempre più salutari per noi e per il nostro pianeta.
Alimentazione significa anche impatto delle attività umane sull’ambiente. Attraverso le scelte che individualmente facciamo come consumatori, a suo parere stiamo acquisendo più consapevolezza di questa relazione e dell’importanza del suo equilibrio?
Sicuramente sì. Anche Expo ha avuto un grande impatto sulla diffusione di queste tematiche presso l’opinione pubblica.
La comunicazione, in questi ultimi anni, ha prodotto effetti anche nel consumatore meno accorto, che ora legge di più le etichette ed in generale è più attento. È anche da dire però che spesso la parte del leone la fa il prezzo
Le innumerevoli criticità del nostro sistema di produzione del cibo ci imporranno di cambiare i nostri atteggiamenti alimentari, per esempio considerando fonti alternative di proteine come gli insetti commestibili. Pensa che per noi italiani sarà più difficile accettare questo tipo di novel foods?
Da noi in Italia penso sia più facile che mangiare gli insetti diventi una “moda” piuttosto che un fatto alimentare, pur se dal punto di vista nutrizionale gli insetti hanno indubbi vantaggi e io lo so bene, perché preparandomi per alcuni convegni cui ho partecipato ho studiato a fondo l’argomento. Per ora, non essendocene esigenza e dovendo affrontare ancora molti ostacoli normativi, vedo una diffusione limitata.
Le è mai capitato di assaggiare degli insetti?
No, me ne son guardata bene! Se non lo sapessi… forse …poi chiaro che in caso di necessità non avrei problemi.
Anche i prodotti a base di soia, per esempio, non erano usati da noi. Ci si abitua a tutto…
Penso che prodotti come farine, hamburger e pasta potrebbero essere più facilmente accettati.
La Fondazione che lei presiede potrebbe essere partner in una eventuale campagna istituzionale di informazione sull’entomofagia e i valori nutrizionali degli insetti?
Come Fondazione non valutiamo gli aspetti scientifici relativi agli alimenti, ci occupiamo degli aspetti comportamentali ed educativi. Naturalmente facciamo anche delle valutazioni nutrizionali sulle scelte alimentari .
Dal momento che possono essere inseriti tra i “cibi del futuro”, è possibile dare corrette ed imparziali informazioni sui validi aspetti nutrizionali degli insetti commestibili (qualora vengano autorizzati) così come per gli altri alimenti.