Intervista con il Prof. Cristoforo Incorvaia, specialista in Allergologia presso il Centro Specialistico G. Pini/CTO di Milano
Recentemente si stanno affacciando sul mercato prodotti a base di insetti commestibili, da un punto di vista della potenziale reazione allergica che rischi possono esserci per i consumatori?
Ovviamente il problema è abbastanza complesso perché i tipi di insetti commestibili sono tanti. Possiamo dividerli per categorie. Il pericolo maggiore, e c’è molta letteratura al riguardo, è quello dell’ingestione di veleni (per esempio gli imenotteri). Si sono verificati casi in cui persone allergiche al veleno delle api hanno avuto degli attacchi allergici per aver mangiato del miele, che ne conteneva traccia. Ma possiamo escludere che le persone si alimenteranno di api e di vespe. Ci sono però altri imenotteri come le formiche che sono invece consumati largamente, pur contenendo in alcuni casi veleno simile a quello delle api.
Per cavallette e grilli cito il caso di un ragazzo allergico agli animali domestici cui i genitori avevano acquistato un serpente da tenere nel terrario. Questo ragazzo aveva manifestato reazioni allergiche dopo aver ricevuto il rettile, poi si è scoperto che era invece allergico alle cavallette con cui lo alimentava. Quindi un rischio c’è.
Gli scarafaggi sono un’importantissima fonte di allergie –soprattutto asma e rinite- in America, un vero flagello.
Quali sono gli allergeni che si possono riscontrare in cibi a base di insetti?
Sono numerosi.
Anche le larve di chironomidi, una specie di moscerini che vengono usati dai pescatori come esche, hanno fatto segnare parecchi casi di attacchi asmatici ed allergici.
Il consumo di insetti commestibili può essere paragonato a quello dei crostacei, se focalizziamo l’attenzione sul potenziale insorgere di allergie?
Certamente, e sappiamo benissimo quale sia la sostanza responsabile: un proteina che si chiama tropomiosina, che è coinvolta nel processo muscolare di questi esseri viventi e che tra l’altro è responsabile delle reazioni crociate tra gli allergici agli acari della polvere, i cui allergeni principali sono comunque diversi.
La stessa proteina si trova negli insetti ed è diffusa un po’ in tutti gli artropodi.
In Italia non è ancora possibile commercializzare prodotti a base di insetti commestibili. Ritiene che sarebbe opportuno attivare una ricerca specifica sulle relazioni tra il loro consumo e le eventuali allergie oppure le conoscenze necessarie possono essere mutuate da altri campi?
Per effettuare uno screening efficace sulla percentuale di potenziali soggetti allergici agli insetti commestibili sarebbe sufficiente chiedere ai soggetti se sono allergici agli acari o ai crostacei, ai molluschi o alle lumache. Un’altra cosa che potrebbe tornare utile sarebbe sapere se i soggetti abbiano mai avuto reazioni a qualche puntura di insetto.
Quando negli anni ’50 furono importate le betulle in Italia, dove non esistevano, se solo si fossero prima informati e avessero scoperto che nei paesi scandinavi la betulla è la principale responsabile di allergie ai pollini, forse non le avrebbero importate. Più recentemente è successo con un altro tipo di conifera giapponese usata in molte zone del nostro paese per il rimboschimento.
Quindi nell’affrontare questo problema di estendere l’alimentazione umana agli insetti commestibili, bisognerebbe tenere conto di quelli che hanno una potenzialità allergenica rispetto a quelli che non ce l’hanno.
Perciò le conoscenze che abbiamo nel campo delle allergie dovute ai crostacei, ai molluschi, agli insetti che pungono, agli acari e agli artropodi di fatto forniscono già una base scientifica che permette di non dover investire milioni di euro per avviare ricerche specifiche anche per gli insetti commestibili?
Certamente.
Dico anche che oggi attraverso gli esami del sangue è anche possibile determinare il livello di anticorpi antitropomiosina per cui è possibile avere una diagnosi di precisione assoluta, qualora si sia allergici già ad altre sostanze, come dicevo prima.
Non abbiamo timore quindi che il consumo di insetti porti ad un innalzamento del numero dei soggetti allergici tra la popolazione? Possiamo dire che non ci sarà alcun “effetto-betulla” e che ci si può aspettare che la percentuale di persone che avrà reazioni allergiche mangiando insetti sarà paragonabile a quella di chi ne viene colpito mangiando i crostacei?
Certo, non dobbiamo temere espansioni dei fenomeni allergici collegati al consumo di insetti commestibili. Le persone a rischio, come sempre, sono quelle che già sanno di avere altre allergie e per questo motivo devono prestare più attenzione.
Le è mai capitato di provare gli insetti a tavola?
No, non li ho ancora provati. Però ci sono andato vicino, una volta in Basilicata mangiavo dei gamberi al ristorante e c’era una vera invasione di cavallette…una si è infilata nel mio piatto e per poco non l’ho messa in bocca!
Li proverebbe consapevolmente?
Io non provo assolutamente alcun tipo di attrazione per gli insetti se devo pensare di mangiarli. Meglio la frutta.
È innegabile comunque che abbiano moltissimi vantaggi dal punto di vista nutrizionale e che potrebbero essere una seria risposta alle esigenze proteiche dei paesi in via di sviluppo.