Intervista con il Dr. Gabriele Volpato, Professore all’Università di Scienze Gastronomiche (UNISG), dove si occupa di ecologia, entomologia ed entomofagia, etnobotanica, pastorizia ed allevamento.
Quali sono il ruolo e l’importanza di una Università di scienze gastronomiche in un paese come l’Italia?
Il cibo e la sua produzione hanno trasformato l’ambiente in cui viviamo da millenni, i paesaggi della penisola ne riflettono i prodotti principali, ognuno con storia e caratteristiche propri, e la nostra stessa identità di italiani si fonda ogni giorno dell’anno, più volte al giorno, su ciò che mangiamo. In questo contesto, una Università di Scienze Gastronomiche in Italia ha una grande importanza in quanto affronta lo studio del cibo da un punto di vista interdisciplinare ed educa ad una comprensione della diversità alimentare italiana.
Che spazio ha avuto finora l’entomofagia tra gli argomenti trattati nei corsi? Quale spazio avrà in futuro?
Non c’è ancora stato un corso completo di entomofagia, ma l’argomento è stato introdotto e discusso all’interno di corsi di carattere più ampio. Per esempio, nel corso di entomologia del vigneto per il Master in Cultura del Vino Italiano, si è discusso di entomofagia e dell’interesse emergente nell’abbinare insetti e piatti a base di insetti a determinati vini. Nel corso di Food Scouting rivolto agli studenti del Master in Ecologia Umana e Sostenibilità invece, l’entomofagia è stata trattata nel contesto della diversità bio-culturale del pianeta e della sua importanza nell’alimentazione tradizionale di molte popolazioni. L’entomofagia troverà spazio nel futuro dell’offerta educativa dell’Università e l’argomento verrà trattato nel nuovo Master in World Gastronomy che partirà l’anno prossimo. Per quanto riguarda Slow Food e soprattutto l’Arca del Gusto, troviamo in essa 16 prodotti registrati a base di insetti provenienti da tutto il mondo, fra i quali i bruchi dell’albero karite dal Burkina Faso e lo zazamushi, larve di insetti d’acqua dolce consumate in Giappone.
Recentemente è stato presentato dall’italiana Italbugs il Panettone a base di farina da baco da seta. Secondo lei questo tipo di operazioni di comunicazione sono vincenti per superare le diffidenze degli italiani –e degli occidentali più in generale- nei confronti dei prodotti a base di insetti?
Gli insetti sono magnifiche creature da studiare, da ammirare e da mangiare. Hanno fatto parte della dieta dell’Homo sapiens (e di altri ominidi) probabilmente sin dai nostri albori e rivestono un ruolo molto importante nella dieta di molte popolazioni contemporanee, soprattutto in zone tropicali e sub-tropicali di Africa, Asia, ed America Latina. Il consumo di insetti in Italia è stato storicamente limitato ancorché presente in pratiche culinarie tradizionali e locali e in situazioni di carestia ed emergenza. Industrializzazione, urbanizzazione ed omogeneizzazione di pensiero e gusto nel dopoguerra hanno poi portato ad un allontanamento sociale e culturale da pratiche locali e tradizionali, viste come ‘primitive’ o ‘barbare’. Per fortuna, il vento è cambiato. Sempre più viene riconosciuto il valore della diversità naturale e culturale, della diversità dei cibi e delle conoscenze che la loro produzione richiede. Slow Food è sempre stata in prima linea in questa battaglia. Il ripensamento di cibi e pratiche non più come retrograde ma piuttosto come valore (come alimento, come simbolo culturale) ha coinvolto anche gli insetti e l’entomofagia. L’entomofagia è studiata nei dipartimenti universitari di ecologia, antropologia ed alimentazione, cibi a base di insetti vengono offerti al Noma di Copenaghen e all’Archipelago di Londra, e prodotti a base di insetti appaiono nei negozi europei, anche italiani. Il clima sta cambiando e gli insetti sono diventati una curiosità alimentare. Un passo è stato fatto.
Quanto conta l’informazione scientifica nei processi di accettazione socio-culturale dei novel food?
Conta molto. Si dice che la conoscenza è potere. La ricerca nelle università produce la conoscenza che viene poi trasmessa ad un pubblico più ampio dall’informazione scientifica. Se questo processo funziona, quelle conoscenze danno al pubblico il potere di scegliere cosa mangiare e, nel caso specifico, danno modo di pensare agli insetti come cibo. Questo processo di pensare a qualcosa come possibile è il passo dal disgusto alla curiosità per gli insetti come cibo di cui parlavo prima.
Cibo e salute sono strettamente interconnessi. Come si inserisce in questo contesto il consumo di insetti commestibili?
In molte popolazioni di zone tropicali, il consumo di insetti è una parte importante della loro dieta, soprattutto in certi periodi dell’anno e per certe fasce sociali. Gli insetti apportano a queste popolazioni proteine, grassi e micronutrienti di fondamentale importanza per la salute di questi popoli. Dal punto di vista del consumatore in un economia di mercato, invece, il consumo di insetti e prodotti derivati può fornire una varietà alla dieta ed essere un’ottima fonte di aminoacidi e micronutrienti.
I prodotti alimentari sono un’eccellenza italiana riconosciuta in tutto il mondo, pensa che “l’insetto commestibile italiano” avrà in questo senso un vantaggio –anche commerciale- rispetto a quelli allevati e lavorati altrove?
L’eccellenza dei prodotti alimentari italiani nel mondo risiede nella storia di quei prodotti, nelle conoscenze e pratiche di produzione e consumo, nel loro valore culturale nel rappresentare secoli e millenni di rapporti fra l’uomo e l’ambiente italiano con tutta la sua variabilità. Questa eccellenza italiana, fatti salvi pochi casi (penso al casu fràzigu sardo), non include gli insetti. In questo senso, non penso quindi che questa eccellenza italiana possa avere un’influenza diretta sul commercio in Italia di prodotti a base di insetti.
Nel momento in cui la normativa europea ne consentirà la commercializzazione, nel nostro paese il percorso per il successo di mercato dei prodotti a base di insetti sarà lungo e in salita o prevede possa avere una crescita rapida e consistente?
Penso che gli insetti come fonte di alimento possano occupare una nicchia del mercato alimentare nel contesto della domanda di prodotti alimentari alternativi e naturali in senso lato. Ritengo che, in contemporanea con un progressivo avvicinamento culturale di molti italiani e consumatori occidentali agli insetti come fonte di cibo, il mercato di prodotti a base di insetti possa crescere in maniera costante nei prossimi anni.
L’universo della gastronomia italiana è pronto ad accogliere gli insetti commestibili, che alla diffusa sensibilità tradizionalista appaiono ancora come una “stranezza”?
In parte della gastronomia italiana esiste una tendenza alla sperimentazione negli ingredienti e nel gusto che sicuramente possono accogliere gli insetti come cibo e fonte di ispirazione. L’anima più tradizionalista è invece quella più legata ai prodotti ed ai piatti del territorio dove prevedo che il consumo di insetti farà più fatica ad attecchire essendo in qualche modo un elemento estraneo, non radicato nella produzione locale e storica.
UNISG potrebbe essere partner degli imprenditori italiani per la promozione del consumo di insetti commestibili?
La missione di Unisg è soprattutto quella di sostenere le comunità locali specialmente nei paesi in via di sviluppo ed emergenti nel realizzare la piena sovranità alimentare. Escluderei quindi a breve un interesse specifico a collaborare con partner industriali dedicati all’implementazione dell’entomofagia.