3diFila a Patrizio Roversi, conduttore televisivo, turista e velista (per caso)
Come reagiscono i tuoi sensi all’idea di assaggiare degli insetti commestibili, o come hanno reagito la prima volta, se ti è già capitato di provarli?
Mi è successo, soprattutto in Giappone e in Oriente in generale e sono sopravvissuto senza problemi. Anzi, direi che i grilli fritti erano buoni! Anche le formiche sudamericane non erano male. In termini di gusto collettivo direi che lo spot più convincente a favore degli insetti commestibili l’hanno fatto Pumbaa e Timon, gli irresistibili personaggi della saga del Re Leone.
Dagli insetti commestibili si possono ricavare farine (per l’utilizzo in dolci, pasta, pane, pizza), vari tipi di snack, barrette energetiche, integratori per sportivi. Quale tra questi prodotti potrebbe avere più successo in Italia?
Tutti quelli in cui non sia visibile e riconoscibile l’insetto in quanto tale.
Sostenibilità ed ecocompatibilità sono due motivi sufficienti per mangiare meno carne e integrare le nostre diete con proteine provenienti da fonti alternative come gli insetti commestibili?
Certamente. Tutto però all’insegna della “moderazione”: ci vuole un dibattito moderato sugli allevamenti (non tutti sono uguali, quelli intensivi sono ben diversi da quelli allo stato brado e semibrado, che hanno un impatto molto minore e a volte persino positivo), un approccio moderato al vegetarianesimo, senza demonizzare la carne (non tutte le carni sono ormonate) ecc ecc. Gli insetti fanno parte di tradizioni gastronomiche diverse dalle nostre che in quanto tali possono essere approcciate con curiosità e rispetto. Certo, di qui a pensare che gli insetti commestibili possano diventare una nostra tradizione (scarafaggi IGP della Valtellina o cicale DOP della Valle dei Templi), che magari possano risolvere il problema della fame nei Paesi in via di sviluppo (che dipendono da cause ben precise che sarebbe bene non dimenticare), ce ne corre…