Filippo Lubrano, ingegnere gestionale, MBA, vive a Bangkok dove per Iveco è Marketing Manager per il Sud Est Asiatico.
Vivi nel Sud Est Asiatico, che tipo di rapporto hai trovato tra i tuoi attuali concittadini e l’entomofagia?
Un rapporto stratificato.
A Bangkok capita spesso di trovare anche sui mezzi pubblici persone che comprano grilli e cavallette ai mercati, spesso anche vivi, per usarli soprattutto in occasioni speciali. Nei supermercati e nei “7-11”, gli store di prossimità aperti 24/7, si trovano confezioni di crisalidi ed altri insetti confezionati a prezzi molto convenienti (generalmente le piccole porzioni da 50 grammi costano 25 baht, circa 60 centesimi di euro). Eppure, parlando con alcuni colleghi e thai molti anche tra loro provano ancora disgusto all’idea. Anche in Cambogia la sensazione che ho avuto è che il fenomeno sia molto più di folklore che di reale consumo: le tarantole e i serpenti che si vedono vendere nelle bancarelle sono più al momento frequentati dai turisti europei in cerca del selfie da postare sui social network che dai locali.
Per quello che ti appare camminando per le strade, gli insetti commestibili riescono a muovere numeri economici importanti?
Economicamente fatico in questo momento a stimare.
So che in Thailandia sono presenti più di 5.000 allevatori di insetti, quindi il settore dà indubbiamente un mestiere ad un numero piuttosto consistente di persone. Stiamo parlando comunque di una Nazione che ha un tasso di disoccupazione dello 0,6%, per quanto il reddito medio sia ancora molto lontano dagli standard europei (circa 5.000 dollari/anno). Il consumo nei principali Paesi asiatici si attesta intorno alle 10 tonnellate annue: un numero certamente esiguo se confrontato con gli altri alimenti di origine animale. Credo però che nel futuro questo trend sia destinato a salire.
Hai imparato anche tu questa nuova consuetudine alimentare o il disgusto ha prevalso?
Ho assaggiato quasi tutte le specie.
In Khao San Road, una delle vie più turistiche di Bangkok, vanno di moda gli spiedini di scorpione, peraltro di dimensioni piuttosto rilevanti. Li ho assaggiati ma sinceramente non li ho trovati molto saporiti. In generale, l’insetto da street-food non è eccezionale: i migliori bachi da seta li ho mangiati in una fabbrica di seta. Quelli sono molto buoni: hanno un sapore che mi ha ricordato il gusto della castagna. Faccio ancora un po’ di fatica con gli scarafaggi, mentre i grilli riesco a mangiarli solo se ripuliti dalle zampe. Ma d’altronde, è un procedimento che applico anche ai gamberetti…
Pensi che un alimento come gli insetti possa fare breccia nella quotidianità alimentare degli italiani?
Credo che per la ricchissima cultura gastronomica e le nostre radicatissime tradizioni l’Italia sarà uno degli ultimi mercati mondiali dove questo tipo di alimenti si affermerà. Ma molto dipenderà dal rapporto dei media e dei grandi chef e ristoranti con questo alimento: già qualche anno fa Cracco campeggiava sulla copertina di Wired con un piatto interamente composto da insetti, ed Expo ha dato nuovi spunti con incontri dedicati. Ecco: se anche i grandi innovatori della cucina si apriranno a questa tipologia di esperimenti, potrebbero crearsi delle nicchie di sperimentatori e trend-setter – mi riferisco soprattutto ai consumatori più attenti all’impatto ambientale, dato che è riprovato che gli insetti sono l’alimento più ecologicamente sostenibile al mondo – anche nel nostro Paese nell’arco del prossimo decennio.
Pensi che, rispetto a quelli prodotti altrove, alimenti italiani a base di insetti allevati e lavorati in Italia possano avere maggiore appeal per i consumatori di paesi in cui l’entomofagia è già diffusa?
L’Italia è da sempre il mercato del food per eccellenza: anche se non godiamo certo di una grandissima tradizione in ambito insetti, sono sicuro che se e quando i primi allevamenti vedranno la luce anche sul nostro territorio i nostri altissimi standard qualitativi saranno traslati anche su questa nuova categoria commerciale. Del resto, l’elicicoltura è in qualche modo un settore affine, ed un fenomeno diffuso su scala nazionale. Certo, non credo che la diffusione e la produzione sia destinata ad avvenire in tempi molto brevi, ma penso che con la velocità media con cui la società evolve e i tabù –anche alimentari– cadono, nei prossimi lustri assisteremo certamente alla commercializzazione e valorizzazione di una qualche nostra larva o grillo italiani, destinati ad un mercato mondiale di entomofagi.