«Svenuto o scoppiato, l’ho lasciato là a boccheggiare e mi sono messa a schiacciarmi il solito brufoletto che mi viene alla radice del naso dopo i lavori, un metro di schizzo ogni volta un brivido mi pare di buttar fuori la parte malata di dentro i residui le scorie starei tutto il tempo a schiacciarmeli giorno e notte mesi fa l’ho assaggiato: non è mica la chiavica che dicono, pure lui ha il suo sapore bisogna saperlo apprezzare, è solo questione di pregiudizi nient’altro su questo potrei parlare tanto a esempio nemmeno gl’insetti fanno schifo lo schifo è una cosa strana, soggettiva, perché la carne del lombrico della mosca della formica deve farmi schifo? non è come quella della vacca del porco dell’abbacchio? quante volte mi sono salvata pappando bacarozzi o ciucciando file di formiche dai tronchi come fanno gli orsi che in fatto di pappatoria se n’intendono tanto più di noi? fame nel mondo, fame nel mondo, marmocchi schiantati dalla fame e ancora non capiscono che basta allevare locuste e farne farina per chiudere la pratica.»
La voce della protagonista estratta dal work in progress “Pelle di Tamburo”, di Gualberto Alvino.