Carlo Spinelli, alias Doctor Gourmeta.
Scrittore, conduttore, gastroesploratore, entomofago e chissà cos’altro.
Dicono di aver visto Doctor Gourmeta aggirarsi nei prati per raccogliere insetti commestibili per sé e la famiglia. E’ vero o è solo gossip?
Da quando mia figlia ha un anno l’ho sempre portata nelle campagne del piacentino, dove abbiamo una casa, a conoscere gli insetti e la natura del luogo.
La prima esperienza lei l’ha avuta con le formiche, gliele ho proposte e le ha assaggiate senza problemi, d’altronde si sa che i bambini hanno meno problemi degli adulti ad affrontare le novità. E non solo se si tratta di mangiare insetti.
Un aneddoto divertente: una volta le ho fatto mettere in bocca una formica di grandi dimensioni che l’ha pizzicata sulla lingua! Ero preoccupato che questo incidente potesse intaccare la sua simpatia gastronomica per gli insetti, per fortuna non è andata così.
Quindi non è solo gossip.
No, direi di no.
Uno scambio di opinioni tra appassionati di tavola e cucina: tu le bistecche di formica le preferisci al sangue o ben cotte?
Domanda divertente.
Battute a parte, dietro la questione della bistecca di formica c’è comunque una riflessione seria sulla possibilità di utilizzare gli insetti commestibili per produrre anche cibi che ne siano composti, ma che abbiano “un aspetto” più simile a quelli che già conosciamo.
Cosa direbbe Doctor Gourmeta per convincere mia nonna, cuoca straordinaria, a usare nelle lasagne un ragù misto di carne e grilli?
Nulla.
Non riuscirei a convincerla perché penso non sia questa la strada da seguire.
Gli insetti non entreranno a far parte della nostra alimentazione mescolandosi in questo modo alla cucina tradizionale, direi piuttosto che la affiancheranno e che ne saranno un’integrazione. Quindi niente ragù misto di carne e grilli, piuttosto vedo l’utilizzo di farina di grilli per fare la pasta o il pane.
Magari alla nonna potresti proporre così l’assaggio della farina di insetti senza che lei lo sappia, svelandole il segreto solo dopo che avrà finito di gustare il pasticcio e l’avrà trovato buono.
Nell’orchestra dei gusti, che ruolo possono avere gli insetti?
Da un certo punto di vista probabilmente laterale, anche per i motivi che ho appena detto. Forse i tromboni.
Dall’altro –e mi riferisco a quello nutrizionale-proteico- certamente di primo piano. Da violino solista.
E’ evidente che nei primi anni di vita si formano anche i gusti e le tendenze gastronomiche di un essere umano, secondo algoritmi le cui variabili sono praticamente infinite. Pensi che un cartone animato, una serie web, o dei libri in cui il protagonista mangia insetti potrebbe aiutare a educare i più piccoli a identificare gli insetti come cibo “normale”?
Assolutamente sì.
L’educazione a nuove proposte alimentari come possono essere gli insetti deve iniziare fin dall’infanzia, in modo da potersi radicare nell’aspetto culturale della percezione che abbiamo del cibo. Non deve essere un condizionamento forzato ma la proposta di un’alternativa “normale”.
Adesso qualche domanda a Carlo Spinelli, alter-ego di Doctor Gourmeta. O forse è il contrario, ma tant’è.
Recentemente è uscito per Baldini&Castoldi il tuo ultimo lavoro “Bistecche di formica e altre storie gastronomiche: viaggio tra i cibi più assurdi del mondo” dove parli anche di entomofagia. Che rapporto hai con il bug food?
Quasi quotidiano direi.
Pratico una dieta fondamentalmente vegetariana (e il digiuno) ma integrata dal consumo di insetti, che spesso sgranocchio esattamente come può fare un atleta con una barretta energetica. Nel mio freezer c’è sempre una riserva di insetti commestibili, che utilizzo anche quando organizzo degli assaggi, degli eventi o più semplicemente una degustazione tra amici.
Sono anche molto affascinato dalle ultime proposte di terrari di design per l’allevamento domestico delle specie commestibili. Sono anche molto affascinato dalle ultime proposte di terrari di design per l’allevamento domestico delle specie commestibili. Trovo siano un’altra fantastica opportunità anche per i più piccoli di sperimentare la produzione diretta di ciò di cui ci alimentiamo.
Per quali che siano le cause, è innegabile il senso di disgusto che un europeo prova istintivamente all’idea di mangiare un insetto. Mettiamoci nell’ottica dello chef: cosa si può fare in cucina per indurre i nostri cervelli a non reagire in quel modo?
Il lavoro creativo e stilistico è assolutamente fondamentale, la capacità di essere anche autoironici e di giocare sull’aspetto psicologico del mangiare insetti, l’abilità di comporre il piatto e di costruire la pietanza senza dover cercare per forza di nasconderli.
Mi vengono in mente cotolette impanate in farine di insetti, camole della farina o grilli alimentati con determinata frutta da proporre caramellate come dessert, il già sperimentato hamburger di larve…fino alla bistecca di formiche. Poi tanta fiducia nel fatto che noi italiani siamo davvero bravi a immaginare cose nuove.
Nelle tue esperienze gastronomiche con gli insetti commestibili, hai incontrato idee di prodotti alimentari che per un occidentale possano essere più estreme del mangiare l’insetto stesso?
Mangiare l’ultima parte dell’intestino dell’ape, che però ha un gusto non proprio gradevole. Oppure addirittura mangiare gli escrementi degli insetti, gesto anche simbolico che attraverso un solenne atto di umiltà ci farebbe passare dal primo all’ultimo posto della catena alimentare.
Pensi che allevare e mangiare insetti possa essere una alternativa all’insostenibilità del nostro attuale sistema di produzione alimentare, specialmente delle proteine animali?
Che sia insostenibile lo penso anche io, ma mi sembra che sia chiaro ai più ormai.
Le carni degli ovini e dei bovini, che non sono animali onnivori come il maiale ad esempio, saranno sempre meno consumate e diventeranno una sorta di caviale del futuro.
L’apporto proteico sostitutivo potrà sicuramente venire anche dagli insetti, magari sottoforma di semplice barretta o snack da consumare oltre i pasti principali.
Consiglieresti a un giovane imprenditore di investire in questa nuova frontiera, in una delle sue declinazioni, sia l’allevamento di insetti commestibili, la loro trasformazione in alimenti o la ristorazione specializzata?
Direi proprio di sì. Con intelligenza e passione.
Dicevo prima che noi italiani le cose le sappiamo fare per bene, soprattutto quando entrano in gioco l’immaginazione, lo stile, la capacità di innovazione.
L’esempio migliore è quello dei birrifici artigianali. Fino a vent’anni fa non esisteva una cultura italiana della produzione della birra artigianale, oggi continuiamo a vincere premi e siamo i primi al mondo. Detto questo non vedo motivo per cui non dovrebbe essere lo stesso per il settore degli insetti commestibili.
Il problema dell’Italia è che non siamo come altri paesi in cui è praticata l’entomofagia, nel senso che non abbiamo a disposizione in natura una varietà e una quantità di insetti edibili che possano soddisfare le richieste di un mercato in crescita. Il primo passo sarà quindi quello di avviare degli allevamenti in grado di fornire materia prima di alta qualità fatta in Italia.
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