Intervista al Dr. Simone Belluco del Dipartimento di Sicurezza Alimentare dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).
La concentrazione di un grande numero di soggetti appartenenti alla stessa specie per un allevamento intensivo pone comunque delle problematicità igienico-sanitarie da risolvere e controllare, si tratti di allevamento di bovini, di pollame o di pesce in vasca. Nell’allevamento degli insetti queste problematicità sono equivalenti, minori o ve ne sono di aggiuntive?
Esiste il rischio di dover utilizzare farmaci per prevenire o contrastare qualche tipo di infezione specifica, come oggi accade in ogni tipo di allevamento intensivo?
La concentrazione di animali in ambienti ristretti sicuramente pone alcune criticità igienico sanitarie. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che l’allevamento intensivo e semi-intensivo rispondono alla necessità di produrre grandi quantitativi di alimenti di origine animale, coniugando logiche di profitto e di gestione. L’allevamento intensivo infatti consente un miglior controllo delle condizioni ambientali e della biosicurezza (intesa come l’insieme di misure volte ad evitare l’ingresso di pericoli biologici nell’ambiente di allevamento), fattori che, anche nell’allevamento di insetti, risultano essere molto importanti. Nel caso degli insetti, inoltre, i grandi numeri sono necessari per raggiungere volumi di produzione “interessanti” per il settore alimentare. Il problema quindi non è l’allevamento intensivo in sé, quanto come vengono/verrebbero gestite eventuali lacune nel sistema di biosicurezza. Ci sono alcuni agenti patogeni che sono in grado di decimare se non annientare le popolazioni di insetti dell’allevamento con importanti perdite economiche. Come vengono gestite queste problematiche? Nella recente opinion EFSA si sottolinea come in certi casi, anche negli allevamenti di insetti, si faccia ricorso agli antibiotici. Di conseguenza le problematiche legate ai residui e al possibile aumento del livello di antibiotico-resistenza della popolazione batterica non sono da trascurare. Tali trattamenti non possono che essere somministrati in massa agli animali con pratiche assimilabili a quanto avviene in acquacultura o negli allevamenti di pollame, con il rischio di alta dispersione dei principi attivi. Per far fronte a questi possibili scenari di rischio andrebbe sviluppata una normativa adeguata, simile a quella esistente per gli altri animali allevati, che al momento non esiste. Non dimentichiamo poi le problematiche, ancora inesplorate, relative al benessere degli insetti.
Nell’allevamento di insetti su larga scala, possono insorgere problemi a livello di impatto ambientale? Esistono dei casi di riferimento in paesi esteri?
Per quanto riguarda l’impatto ambientale di eventuali residui d’allevamento e sottoprodotti di lavorazione non posso dire molto, essendo la mia esperienza in campo ecologico piuttosto limitata. Ci sono sicuramente delle attenzioni da avere nella scelta delle specie da allevare, pensando a possibili fughe dall’allevamento, in modo da non turbare equilibri ecologici. Per quanto riguarda le deiezioni sembra che possano essere utilizzate come compost ed andare incontro quindi ad un facile smaltimento, difficile che presentino gli stessi problemi dell’allevamento bovino (per esempio).
Un’altra questione fondamentale è quella dei substrati da utilizzare per la crescita degli insetti commestibili.
La questione dei substrati è probabilmente una delle più critiche da considerare. Le caratteristiche del substrato, infatti, impattano sulla flora microbiologica degli insetti in modo molto marcato. L’opinion EFSA è stata strutturata proprio per far emergere le differenze di rischio in relazione alla scelta del substrato, e la trattazione riguardo alcuni pericoli biologici come i prioni (agenti eziologici della “mucca pazza”) rappresentano un esempio di questi ragionamenti basati sul substrato. Bisogna considerare infatti che i substrati utilizzabili variano da mangimi a deiezioni animali e umane, da scarti del settore produttivo dei vegetali a scarti del settore produttivo dei prodotti di origine animale. Se è possibile ipotizzare che i rischi siano molto bassi in caso di utilizzo di mangimi e sottoprodotti vegetali, non è possibile prevedere, senza solide basi scientifiche (attualmente assenti) i rischi derivanti dall’utilizzo di substrati ad alto rischio microbiologico come le deiezioni animali. Esiste poi l’importante capitolo dei rischi chimici, derivanti dal possibile accumulo di sostanze pericolose, anch’esso strettamente legato alle caratteristiche del substrato utilizzato.
L’aspetto normativo a livello europeo sarà sbloccato anche attraverso l’identificazione delle specie di insetti edibili che comportano meno rischi in senso lato per la salute umana e per l’allevamento. Quali potrebbero essere quelle in cima alla lista?
L’aspetto normativo sta assumendo chiarezza proprio in questi giorni. A fine ottobre è stato infatti approvato dal Parlamento Europeo il nuovo regolamento Novel Food che ora attende il via libera del Consiglio d’Europa prima di poter entrare in vigore. Questo regolamento è atteso da molti anni e ha il merito di fare chiarezza sulla questione includendo esplicitamente gli insetti tra i Novel Food. Esso tuttavia introduce una procedura autorizzativa semplificata per gli alimenti considerati tradizionali in paesi terzi, tra cui gli insetti, facilitando il loro ingresso sul mercato. Restano tuttavia degli importanti interrogativi: da quando sarà applicabile il nuovo regolamento? Che evidenze saranno necessarie per dimostrare la “tradizionalità” del consumo?
Per quanto riguarda le specie, sicuramente ci sarà un doppio ragionamento basato sia sulle liste già compilate da alcuni stati membri che sugli insetti di cui è più facile dimostrare il consumo tradizionale in paesi terzi. Probabilmente grilli, cavallette, e tarme delle farina saranno tra le prime.
E’ a conoscenza di qualche progetto sperimentale supportato istituzionalmente (Ministero, Regione, Università o altri organismi) che in Italia si stia occupando –o si sia occupato- di allevamento di insetti destinati al consumo umano?
Non sono a conoscenza di progetti supportati istituzionalmente riguardanti gli insetti come possibile alimento, almeno in Italia. Ci sono alcuni progetti sul loro possibile uso come mangimi. Noi come Istituto abbiamo partecipato ad un consorzio europeo per proporre tale ricerca nel contesto dei finanziamenti Horizon 2020 ma senza successo. La stessa sorte è toccata ad un progetto di ricerca finalizzata presentato al Ministero delle Salute e volto allo studio degli aspetti igienico sanitari.
Dal punto di vista dei numeri –anche economici- la produzione di mangimi animali a base di insetti potrebbe rappresentare un consistente volume d’affari e il volano per tutto un settore. Al netto della normativa, sarà questo l’innesco?
La domanda è molto interessante ma richiede un approccio più economico e potrebbe essere destinata a chi ha studiato la questione da questo punto di vista. Il mercato delle proteine ad uso mangimistico infatti è caratterizzato da grandi volumi di produzione e prezzi estremamente competitivi. Gli insetti possono rispondere a questi requisiti?
Il Veneto è una regione a forte vocazione agricola e potrebbe essere sede di sperimentazione scientifica anche a finalità commerciale, l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie potrebbe avallare per quanto di competenza un progetto di questo genere e magari esserne parte promotrice?
La vocazione agricola e produttiva della regione Veneto è nota, bisogna capire se la presenza di comparti forti come quello dell’allevamento di pollame e bovini rappresenta un ostacolo allo sviluppo di nuovi settori in potenziale competizione o testimonia una vocazione agli investimenti nel settore. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, coerentemente con la sua Mission, non promuove iniziative economiche a sostegno dell’uno o dell’altro settore ma può sicuramente rappresentare un punto di riferimento per la ricerca sui temi della sicurezza alimentare, per la consulenza scientifica o per eventuale supporto ad attività di autocontrollo.
Nel futuro prossimo, concorrendo una serie di fattori tra cui la sostenibilità, avremo bisogno delle proteine e degli altri elementi ricavabili dal consumo di insetti?
La sostenibilità della produzione di insetti sembra essere il punto di forza di questo settore. La necessità di diversificare la dieta e di ridurre il consumo di carni è nota e risponde a ragioni di aumentata domanda, di impatto ambientale e ed etiche. Il bisogno c’è, le ragioni anche, mancano le autorizzazioni legislative.
Associare o consorziare gli operatori del settore sotto un unico marchio di origine e qualità italiane rispondente a protocolli uniformi e condivisi sarebbe utile in vista delle future relazioni Pubblico-privato?
Questa è una domanda non facile. Il marchio di origine e qualità può rispondere ad alcune esigenze del consumatore o eventualmente può fornire garanzie su eventuali claims che potrebbero accompagnare tali prodotti. Probabilmente, essendo questo un settore nuovo per tutta l’Unione Europea, potrebbe aver senso parlare di origine e qualità europee, ma confidiamo che tali caratteristiche vengano opportunamente definite dalla normativa stessa.