Abbiamo intervistato il Prof. Enrico Alleva, etologo Direttore del Dipartimento di Biologia cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore della Sanità e Presidente della Federazione Italiana di Scienze Naturali e Ambientali.
Gli insetti come alimento per gli esseri umani è un tema relativamente recente nel nostro paese che però nell’ultimo periodo sta prendendo spazio e attirando serie riflessioni –anche di mercato- che ne lasciano presagire un forte sviluppo nel futuro prossimo.
Nel momento in cui anche in Italia fosse possibile allevare insetti commestibili destinati all’alimentazione umana, vede particolari criticità di carattere igienico-sanitario che imprenditori e consumatori dovrebbero tener presenti o queste eventuali criticità possono essere comparate a quelle presenti in altre filiere, ad esempio quella della carne?
Relativamente recente, infatti già da qualche anno si discute di entomofagia e insetti commestibili in ambito scientifico e istituzionale, anche se gli echi sono arrivati al grandissimo pubblico più recentemente, soprattutto grazie alla vetrina di Expo.
Le criticità di carattere igienico-sanitario esistono e sono ovviamente differenti a seconda della specie allevata. Così come i vertebrati, anche gli insetti commestibili possono essere vettori di infezioni, in special modo quando allevati in grande numero. C’è però anche da aggiungere che gli allevamenti intensivi più tradizionali, quelli che non siamo abituati a vedere come un potenziale rischio in questo senso, sono luogo di infezioni che vengono controllate e debellate con costi non irrilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale. Tutti ricordiamo, ad esempio, l’influenza aviaria e il virus della “mucca pazza”.
Per quello che riguarda l’allevamento di insetti, forse il rischio maggiore più che igienico-sanitario potrebbe essere ambientale. Specie non endemiche allevate a scopo alimentare potrebbero dare origine a fenomeni di infestazione da specie aliene, che potrebbe procurare danni e porrebbe poi anche problemi di eradicazione delle specie infestanti, appunto. Ma per scongiurare l’eventualità saranno sufficienti un attento monitoraggio ed adeguati sistemi di contenimento.
Un altro problema, anche se molto relativo, potrebbe riguardare la sicurezza negli allevamenti di specie pericolose, come ad esempio gli scorpioni.
Il grande interesse per il mondo food italiano si basa anche sull’attenzione che nel nostro paese viene data ai controlli sull’origine e la salubrità degli alimenti. L’Istituto Superiore di Sanità sta attualmente organizzandosi per istituire protocolli ad hoc per l’allevamento di insetti edibili o è ancora prematuro? Oppure non necessario in quanto utilizzabili quelli traslati -ed eventualmente adattati- da altri settori consolidati?
I tempi non sono del tutto prematuri.
Già ad Expo, assieme a CNR, si è discusso di dare priorità alle sorgenti alternative di proteine, partendo da specie nuove di pesci da allevare in vasca, anche per contrastare l’overfishing che sta distruggendo le biodiversità marine. Di lì l’allargamento del ragionamento a fonti più alternative e per noi inusuali come gli insetti.
Per i protocolli ci si sta muovendo moltissimo a livello europeo.
Ci sono svariate centinaia di specie di insetti commestibili, ritiene che una legislazione efficace dal punto di vista della sicurezza igienico-alimentare dovrebbe specificamente normare il consumo di ognuna di quelle specie nella sua singolarità?
Per quanto riguarda i protocolli, come dicevo poc’anzi, la dimensione di riferimento è certamente quella europea, anche considerando che esistono migliaia di specie di insetti commestibili.
C’è da dire che le indicazioni in questo senso devono venire anche dal mondo produttivo e dal mercato. Nel momento in cui si formasse una rappresentanza associativa di operatori del settore, l’Istituto Superiore di Sanità sarebbe molto aperto ad un dialogo e a una collaborazione.
Un altro fattore fondamentale sono poi le qualità organolettiche relative ad ogni specie, nonché –dato che parliamo di entomofagia- il differente sapore che queste offrono al palato.
Il fatto che l’entomofagia sia praticata in molti paesi può fungere da base scientifico-sanitaria per identificare le specie di insetti edibili anche in Europa e la loro compatibilità con l’alimentazione umana?
Certamente.
L’entomofagia è molto diffusa in altre aree del pianeta e viene praticata da migliaia di anni, tanto da costituire una solida e sicura base di conoscenza empirica su quali siano le specie di insetti edibili e gli eventuali rischi collegati. Da questa conoscenza tradizionale parte l’approccio più scientifico, come usiamo in Occidente.
Pensa che l’entomofagia possa domani diventare parte di progetti come JANPA (Joint Action on Nutrion and Physycal Activity, cui aderisce anche l’Istituto Superiore di Sanità), il cui scopo è fermare entro il 2020 la crescente diffusione di sovrappeso e obesità tra bambini e adolescenti?
Il discorso è molto più ampio.
E inizia con l’ormai evidente insostenibilità del nostro sistema alimentare fatto di sovrapproduzione e sprechi, di impiego della chimica e di abuso di risorse energetiche non rinnovabili.
Come esseri umani, per la sopravvivenza abbiamo bisogno sostanzialmente di due cose: acqua e proteine. Attualmente consumiamo troppo della prima per produrre le seconde, e l’entomofagia potrebbe sicuramente essere una risposta in questo senso, dato l’alto contenuto proteico degli insetti e considerando il risparmio in termini di acqua impiegata per il loro allevamento.
Se riusciremo ad integrare le nostre diete con proteine ricavate dagli insetti avremo benefici di gran lunga maggiori del semplice contribuire a fermare l’obesità.
Pare quindi di capire che gli aspetti igienico-sanitari siano da tenere sotto controllo senza che però ci siano evidenze di problematiche aggiuntive o preoccupanti, e che quelli ambientali e nutrizionali giochino a favore di uno sviluppo del mercato. Da osservatore competente, qual è secondo lei il maggior ostacolo per il decollo del settore del bug-food?
Sicuramente il disgusto nell’affrontare un cibo così particolare che da moltissimo tempo non fa più parte della nostra dieta. Altrettanto sicuramente è necessaria una incisiva azione di comunicazione culturale e scientifica, combinata con efficaci azioni di marketing in grado di cambiare la percezione che il potenziale consumatore ha dell’entomofagia.
Bisognerà vedere se questo settore sarà capace di darsi un futuro oltre questo momento favorevole in cui il mangiare insetti si sta consolidando anche come fenomeno di tendenza nelle grandi metropoli multietniche. E a proposito della multietnicità, il nostro paese potrebbe essere avvantaggiato nella crescita di questo mercato dal momento che -per la sua posizione geografica- ospita molte comunità provenienti dal continente africano, dove l’entomofagia è molto praticata.
Una domanda, diciamo così, di costume: le è capitato di mangiare insetti? Che sensazioni le ha lasciato l’esperienza?
Devo dire di essere una persona piuttosto aperta a nuove esperienze gastronomiche e la possibilità mi ha da subito incuriosito.
Ho avuto queste esperienze più di una volta, naturalmente all’estero. La curiosità è stata sempre decisamente più intensa rispetto al moto istintivo di disgusto e repulsione, anche perché avevo letto molto a riguardo. Comunque sì, ne ho un ricordo positivo.
Link:
Federazione Italiana selle Scienze Naturali e Ambientali (FISNA)