Intervista con Loris Caporizzi, chef ed autore di IncrEdibili Insetti
Ciao Loris, raccontaci di te e di come ti sei avvicinato agli insetti commestibili
Oggi sono un cuoco fine dining che ha lavorato in alcuni dei più celebri ristoranti stellati a livello mondiale, divulgatore gastronomico, consulente strategico nel settore food e organizzatore di eventi privati. Pochi anni fa però ero uno studente come tanti, a cui però lo studio interessava in quanto ho avuto la fortuna di studiare quel che mi appassiona: l’enogastronomia.
La conclusione dei miei studi ha avuto luogo nel luglio 2018, un anno che tutti gli appassionati di entomofagia ricorderanno bene, in quanto è stato l’anno in cui, a gennaio, è entrato in vigore il famigerato Reg. UE 2283/15 che introduceva i Novel Food, all’interno dei quali si annoverano, nella categoria “animali e parti di animali” gli insetti.
Già dalla seconda metà del 2017 c’è quindi stato un boom mediatico per quanto riguarda la divulgazione informativa sugli insetti come cibo e, dovendo io scegliere il tema della mia tesi, quale opzione migliore se non questa? La possibilità di mettermi alla prova e tentare di sdoganare un tale tabù (del mondo Occidentale) attraverso la realizzazione di una collezione di informazioni e di una degustazione a tema mi sembrava davvero allettante e speravo di catturare l’interesse, oltre che di amici e parenti, anche della commissione d’esame. In effetti fu così, l’evento che si è tenuto in concomitanza del mio esame è stato seguito dalla stampa e riportato su numerose testate a livello nazionale.
Come mai hai deciso di scrivere un libro sull’argomento?
Dopo la fine degli studi, mi sono subito buttato nel mondo che tanto avevo sognato: quello della ristorazione pluristellata. A un mese dalla fine del percorso scolastico ero già a quasi 10’000 km di distanza, più precisamente a Bangkok, Thailandia, dove ho lavorato per lo chef Gaggan Anand, il cui ristorante è stato premiato quattro volte consecutive come miglior ristorante dell’Asia e di recente è stato insignito del 4° posto nel ranking mondiale.
Negli anni successivi ho lavorato molto intensamente, come tipico dell’alta ristorazione, tuttavia mi restava un chiodo fisso: avevo a disposizione tantissime informazioni, libri, ricerche, articoli scientifici e molto altro… perché non condividere tutto questo con gli altri? Volevo mettere le mie conoscenze a disposizione di tutti e il modo migliore era tramutare quella tesi cosi articolata in un libro, ma non ne avevo il tempo.
Il lockdown me ne ha dato la possibilità: quando l’emergenza Coronavirus è scoppiata ero a Parigi a lavorare per lo chef più stellato al mondo, Alain Ducasse, e, vivendo da solo, l’obbligo di stare in casa mi ha dato davvero molto tempo libero. Quindi ho finalmente avuto modo di mettere mano al materiale a mia disposizione e rilavorarlo. Poi ho selezionato immagini non protette da copyright e unite a quelle che già avevo a disposizione, ho lavorato all’impaginazione per il cartaceo e a quella per il kindle. Trattandosi di una autopubblicazione ho dovuto fare tutto da solo. Ci sono voluti cinque mesi per trasformare la tesi in un libro. Da aggiungere ai sette mesi necessari per scriverla. Un anno di lavoro.
Gli insetti commestibili si stanno affermando come ingrediente innovativo in cucina. Quale può essere il ruolo degli chef per proporne e favorirne il consumo?
Effettivamente attualmente ci sono alcuni ristoranti di alto livello che nel mondo danno rilievo agli insetti inserendoli in alcune portate del loro menu. Questo avviene oggi in molti stati del mondo: dall’Australia alla Thailandia e dalla Danimarca al Brasile. Tuttavia resta un prodotto poco diffuso nella cucina d’alta gamma. Penso che gli chef dovrebbero osare di più e, visto anche il loro grande spessore sociale dovuto alla mediatizzazione della loro figura, spingere i consumatori ad apprezzarli maggiormente attraverso ricette a diversi livelli di sdoganamento del tabù: si può partire da qualcosa di più semplici quali paste, biscotti e barrette a base di farine di insetto, passare a livelli intermedi come creme, salse e puree addizionate di insetti che si prestino a raggiungere tali consistenze, fino ad arrivare a modi di degustazione più estremi quali copri interi da degustare fritti, saltati o arrosto. Non c’è limite: io ho mangiato anche alcune larve di grosse dimensioni quando erano ancora vive.
Qual è l’aspetto più curioso che hai incontrato studiando la materia?
L’aspetto più curioso ed ironico in cui mi sia imbattuto è sicuramente lo studio che sottolinea come il consumatore occidentale (che crede fermamente di non consumare insetti e ne è addirittura ripugnato) consumi insetti per una media annua di 500g. È una quantità enorme per chi pensa di non mangiarne.
Però a pensarci bene è evidente… al di là di quelli che inghiottiamo per sbaglio correndo, andando in bicicletta o nel sonno, essi sono impiegati da decenni in numerosi coloranti a loro volta di uso comune nell’industria alimentare e, ancor più importante. Le normative igieniche di quasi ogni stato Occidentale hanno delle soglie di tolleranza che riportano le quantità massime di insetti che possono essere presenti negli alimenti confezionati e freschi. Talvolta possono essere anche molto alte. Questo perché se ci pensiamo bene capiamo che un industria conserviera che produce ogni giorno tonnellate di salsa di pomodoro impiegando milioni di pomodori ogni giorno, non può certo controllarli uno per uno come fa la nonna quando fa il sugo… lo stesso vale per marmellate, ketchup, farine, burro di arachidi, caffè, scatolame e più o meno ogni altro prodotto sui nostri scaffali o nei frigoriferi e congelatori.
Come reagiscono i tuoi colleghi chef quando parli con loro di cucina a base di insetti?
Spesso incontro scetticismo anche parlando con i tecnici del settore. Per qualche assurda ragione ci si ostina ad associare gli insetti allo sporco, alle fogne e ai vegetali marcescenti. Nella prefazione del mio libro c’è un meraviglioso commento del professor Daniele Tirelli, dell’università IULM, il quale sottolinea come le persone ripudino gli insetti considerandoli sporchi e poi consumino abbondantemente il maiale: l’animale sporco per antonomasia (che però lo è davvero, e molto più degli insetti). E’ davvero qualcosa di assurdo e inspiegabile.
Insetti commestibili e cucina casalinga sono incompatibili?
Assolutamente no. Basti pensare che gli insetti nascono come street food, simbolo della cucina povera soprattutto in quelle popolazioni sventurate (tipicamente in Africa e Sud-Est asiatico) che essendo molto povere non possono permettersi di consumare carne o pesce (se anche lo producono lo destinano alla vendita cosi da provvedere al proprio sostentamento guadagnando qualche centesimo per acquistare verdure o vestiti). Per queste popolazioni gli insetti, con il loro altissimo tenore proteo-lipidico, sono un vero e proprio super-food che gli fornisce energia a costo zero, in quanto è sufficiente mandare i più piccoli della famiglia in aperta campagna o sulla riva di un ruscello e loro provvederanno alla cena mentre papà lavora nei campi e mamma intreccia ceste con vimini e foglie di banano.
Saltati con un po’ di erbe e spezie, cotti in una zuppa, fritti con il riso bianco. Chiunque può farli a casa e aggiungere gusto, consistenza e nutrimento a qualsiasi ricetta nazionale. Di qualsiasi Paese del mondo.
Come professionista della cucina, quali sono gli argomenti che useresti per convincere le nonne italiane ad utilizzarli nei loro piatti?
Probabilmente la cosa che meglio può funzionare è puntare al tema più caro alle nonne d’Italia: quanto sono nutrienti! Probabilmente se le nonne sapessero che, in proporzione, una manciata di cavallette è nutriente quasi il doppio rispetto ad al pollo arrosto, sarebbero più che disponibili a prepararne padellate su padellate.
Se poi non fosse sufficiente, gli si dovrebbe spiegare che cucinando gli insetti e diminuendo l’uso di manzo e carni in generali, garantiranno ai loro nipoti e pronipoti una vita migliore su questo pianeta. Riducendo le emissioni gassose, l’effetto serra ed il surriscaldamento globale. Limitando lo spreco di risorse idriche e l’impiego di cereali che potrebbero invece essere destinati a bambini dell’età dei loro nipoti che muoiono di fame in Africa e non solo.
In oltre gli insetti farebbero molto bene alle nonne in primis, riducendo l’introito alimentare di grassi saturi che non sono affatto una manna per tutelare la loro salute. Gli insetti infatti sono ricchi di proteine e grassi mono e poli-insaturi che sono altamente protettivi e tutelano la salute.
Insomma… se gli insetti passassero da tabù associato al disgusto a prodotto di uso comune ci guadagneremmo tutti.
Animali, piante ed esseri umani. Potremmo godere di un mondo migliore e più salubre e potremmo goderne più a lungo. Basta volerlo.