Intervista con Agnese Codignola, autrice e giornalista
Il tuo ultimo libro si intitola “Il destino del cibo. Così mangeremo per salvare il mondo”. Su quali cibi hai concentrato la tua attenzione?
In verità non mi sono concentrata su nessun cibo in particolare, piuttosto ho cercato di rendere visibili tutti quei sistemi -anche tecnologici- che ci potrebbero consentire di riequilibrare quei meccanismi di produzione e consumo degli alimenti che oggi appaiono insostenibili anche alle persone non addette ai lavori.
Il nostro attuale sistema di produzione e consumo del cibo è insostenibile, pensi che la via dei prodotti fatti in laboratorio -come la carne coltivata in vitro- possa essere percorribile?
Credo molto nella tecnologia e nelle nuove ricerche scientifiche applicate alla produzione alimentare, naturalmente con tutte le cautele del caso. La carne coltivata in laboratorio -per continuare con l’esempio- può sembrare ad un primo impatto una stranezza antiecologica, ma se la si considera da un punto di vista scientifico si tratta di moltiplicare delle cellule in ambiente controllato, evitando esposizioni ad antibiotici o altri trattamenti farmacologici e risolvendo per sempre la questione del benessere degli animali allevati.
La soluzione ad un problema gigantesco come quello di fornire proteine ai futuri 10 miliardi di abitanti del pianeta non potrà che essere una soluzione composita: quali saranno secondo te le azioni che maggiormente contribuiranno a renderla concreta?
Certo, è composita come quella delle energie rinnovabili: non c’è una soluzione unica, ma si deve puntare alla convergenza di più soluzioni diverse e specialistiche.
Per quanto riguarda la questione delle proteine, anche qui ci sono diverse proposte sul come potremmo garantircene le quantità che servono per sostenere una popolazione globale in continua crescita. Una è quella di dare a mari e oceani il tempo di rigenerarsi durante un fermo-pesca e una successiva ripresa scientificamente determinati. Un’altra è quella di iniziare ad utilizzare proteine contenute in alimenti che in occidente non sono considerati tali, come gli insetti commestibili che anche la FAO ha indicato quale alternativa facile da produrre, che richiede poco consumo di acqua e suolo e produce pochissime emissioni in atmosfera.
Cosa pensi dell’entomofagia?
Penso sia un’ottima opportunità, in fondo già oggi circa 2 miliardi di persone nel mondo consumano insetti che, come ormai sappiamo bene, hanno un altissimo contenuto di proteine e valori nutrizionali eccellenti.
Probabilmente in occidente sarà più facile si avvii un mercato di prodotti dove l’insetto intero è poco o per niente visibile, in modo da evitare quello che viene chiamato “fattore disgusto” che si genera in una parte dei potenziali consumatori.
In Europa si stanno sviluppando allevamenti e aziende produttrici che, essendo soggette al rigido controllo delle Autorità comunitarie preposte, mettono sul mercato prodotti sicuri e certificati, ma c’è ancora molta strada da fare in termini di comunicazione e educazione al consumo di questo nuovo alimento. Bisogna però mettere in conto che nel nostro Paese ci potrebbero essere più resistenze all’ingresso degli insetti nell’elenco degli ingredienti “normali”, dovute alla nostra grande passione culinaria che si base moltissimo sulla tradizione.
Gli occidentali sono pronti a cambiare le loro abitudini a tavola?
Io sono un’ottimista di natura, perciò direi di sì.
Magari è un sì con una distinzione tra noi e le generazioni più giovani. E’ evidente che i ragazzi di oggi sono molto più in contatto con la diversità proveniente da ogni parte del mondo, perciò sono più propoensi ad accettarla e sperimentarla. Questo succede anche quando si parla di cibo, e se il cibo è una novità allora anche la curiosità conta molto. Oltretutto i ragazzi sono molto più consapevoli dell’insostenibilità del nostro sistema alimentare e sono pronti ad abbracciare proposte alternative che vadano nella direzione di fermare l’impatto disastroso che l’uomo ha sull’ambiente.
Lorenzo Pezzato