Intervista con Gabriele Corcos, Chef, musicista, scrittore e personaggio televisivo (ma la l’elenco potrebbe essere più lungo)
Ciao Gabriele, parlaci un po’ di te
Sono Gabriele Corcos, fiorentino nato a Firenze ma cresciuto nelle campagne un pochino al di sopra della Valle in un piccolo paese che si chiama Fiesole. Nel 2001 ho conosciuto una donna che mi ha rubato il cuore e portato negli Stati Uniti, dove mi sono reinventato da musicista a chef e produttore televisivo. Ho avuto la fortuna e la capacità di andare in onda su un canale internazionale con uno show dedicato alla cucina e alla mia vita tra l’America e la Toscana. E’ andato molto bene e abbiamo registrato quasi 100 puntate. Poi ho scritto due libri di successo (uno è un New York Times bestseller), tutti e due ovviamente di cucina, uno si chiama “Extravergine” e l’altro “Supertuscan”. Ho vissuto a Los Angeles per una decina danni dove mi sono sposato e ho avuto due bambine. Adesso viviamo New York ma stiamo valutando le possibilità per un per un rientro in Italia: è il momento giusto! Per il ora però lavoro, vita e business sono ancora a Brooklyn.
Sappiamo che hai già cucinato con gli insetti, qual è la tua opinione di esperto?
Negli anni passati qui in America, e crescendo in Italia, non ho mai avuto grosse opportunità di confrontarmi con gli insetti come cibo, come fonte di proteine o come ingredienti in piatti elaborati. Un paio di anni fa ero in Texas e per la prima volta ho mangiato dei tacos con i grilli fritti e mi sono fatto un paio di birre però mi è venuto il mal di pancia e ho dato la colpa ai grilli. Poi in quest’ultimo anno ho passato un po’ di tempo a riflettere, dedicandomi molto ad argomenti come sostenibilità, futuro a tavola, futuro della cucina dal punto di vista degli ingredienti e dal punto di vista delle tecnologie che sono adesso adottate, del nostro futuro, delle possibilità cioè che ha l’umanità per sopravvivere su questo pianeta dato l’incremento di popolazione e la necessità di sfamare tutti.
In quest’ultimo anno, durante una produzione televisiva qui negli Stati Uniti, ho avuto modo di parlare con esperti del settore, con investitori che hanno trasportato la loro esperienza nel mondo del Food and Beverage, con operatori della ristorazione ma anche della supply chain, e ho capito che si stanno interessando ai nuovi ingredienti come la farina di insetti, ad esempio. Si vedono anche altri prodotti come le barrette energetiche o gli insetti interi disidratati. Vedere l’insetto nella sua forma completa genera naturalmente più resistenza nel consumatore che si approccia per la prima volta a questo mondo, le farine invece sono un ingrediente più facile da usare e proporre.
Durante delle riprese ho preparato una pasta fresca con una farina di grilli mescolata alla farina tradizionale, per cui una sorta di ibrido in cui comunque il nuovo ingrediente avrebbe cambiato sia la texture che il sapore del prodotto, ed ero molto scettico. Invece sono venute fuori in maniera eccezionale, sono stato molto sorpreso dall’elasticità della pasta, dal colore e dall’odore.
Dopo averla assaggiata direi che non ha niente da togliere a paste più tradizionali che ho incontrato nelle campagne toscane o emiliane, si avvicina all’idea di una pasta fatta con farina di castagne.
Quindi, come già detto, penso che le farine di insetto avranno più facilità a entrare nelle diete degli occidentali, anche se ci vorrà tempo perché il preconcetto è ancora robusto.
Che ruolo hanno gli Chef professionisti nel promuovere questi nuovi alimenti?
Il ruolo dello chef professionista nel promuovere ingredienti alternativi, come appunto quelli derivati da insetti o le proteine di laboratorio, è spiegare. Spiegare e non giustificare, riuscire a far comprendere che gli insetti fondamentalmente sono animali come altri, che sono prodotti naturali da mangiare e che se vogliamo mantenere un certo livello di qualità negli altri ingredienti che produciamo (quindi la carne, le verdure, eccetera) è necessario differenziare le fonti di approvvigionamento delle proteine perché siamo troppi al mondo, troppi per continuare a consumare cibo nel modo in cui lo facciamo oggi.
Per cui si tratta di raccontare e spiegare come possiamo ri-bilanciare, ri-tarare i nostri consumi in maniera da poterci permettere di restare su questo pianeta un pochino più a lungo. Io sono pessimista, credo che il punto di non ritorno questo pianeta lo abbia già passato da un po’ di tempo. Adesso dobbiamo esserne conosci, comprendere la situazione e vedere quali sono i modi in cui possiamo rallentare il processo. Gli chef professionisti in questo secondo me hanno un enorme opportunità perché sono comunicatori che comunicano con i loro piatti, sono artisti, e
se sei uno chef di successo la gente in generale tende ad ascoltarti, ma serve mantenersi aggiornati, capire i come e i perché degli ingredienti, per riuscire a trasformarli in piatti che non spaventino i consumatori ma che susciti interesse, curiosità, consapevolezza e di conseguenza voglia di aiutare e di essere parte di un di un movimento che lavora per salvare il pianeta attraverso il cibo.
Gli occidentali sono pronti per inserire gli insetti nelle loro diete?
Credo che gli occidentali in generale siano sempre comunque disponibili a provare forme di cibo nuove Soprattutto vista la rivoluzione nel cibo e nel modo di comunicarlo che la televisione ha proposto in questi ultimi 10 anni. L’aspetto fondamentale è però riuscire a spiegare il perché possiamo essere tutti parte di questo cambiamento per cui serve coinvolgere i social media, perché le generazioni più giovani sono le più adatte a cambiare le cose. Ma in generale credo che sì, siamo pronti. Si tratta di parlarne e diffondere la confidenza con questa novità.
Com’è il livello di accettazione tra i consumatori negli USA?
In città come Los Angeles, San Francisco, San Diego, New York, Boston esiste più flessibilità, più propensione a provare il nuovo. Molto di meno negli stati centrali. La maggior parte dell’attenzione secondo me adesso viene dai professionisti, dagli investitori, dai produttori e dagli ecologisti.
Non è un fenomeno di massa ancora, la comunicazione nei prossimi anni sarà importantissima però sto già vedendo risultati, investitori tradizionali che vengono dal mondo della tecnologia o dell’industria agroalimentare interessati, persone che avviano ristoranti oche stanno investendo in maniera convinta su nuove startup che si dedicano alle proteine di laboratorio, agli insetti, alle colture verticali, all’idroponica, tutti alimenti considerati genericamente Novel Food, che però alla fine secondo me riusciranno a emergere in maniera completa ed essere accettati per quello che sono.
Sei italiano. Pensi che l’Italia possa essere leader anche in questo settore del food?
Credo che l’Italia abbia enormi possibilità anche in questo settore.
Il nostro Paese ha sempre avuto una voce di enorme importanza per quanto riguarda i movimenti culinari in tutto il mondo, influenzando la migrazione del cibo e delle ricette. Ma se si parla di insetti esiste questa enorme distanza, anche a livello intellettuale, tra la coscia di prosciutto e una pasta fatta con farina di grilli. Si tratta di riuscire a parlarne in maniera giusta, e credo che l’Italia sia abbastanza pronta. Ma sta a noi noi del settore, noi professionisti, cercare il modo migliore per presentare l’utilizzo degli insetti in cucina come ottima soluzione a problemi che sono di natura globale e che coinvolgono tutti, coinvolgono nostro territorio, la capacità di vivere sul territorio, di avere risorse disponibili, di mantenere la famiglia, di mantenere i bambini. Abbiamo la possibilità di fare ogni giorno a tavola delle piccole rivoluzioni in grado di cambiare il mondo.