Intervista a Charles Spence, professore di psicologia sperimentale presso il Somerville College
Puoi spiegare cosa sono esattamente la psicologia sperimentale e i cibi multisensoriali?
Gastrofisica: la nuova scienza dell’alimentazione che combina le parte migliore dell’esperienza collegata al cibo (che è la parte gastronomica) con le ultime conquiste della psicologia e delle misurazione (che è la parte psicofisica).
Questo nuovo approccio alla progettazione di esperienze multisensoriali alimentari è derivata da una crescente consapevolezza che i piaceri della tavola risiedono principalmente nella mente e non nella bocca – il che cambia tutto.
Come sono collegati i suoi studi e la sua ricerca alla percezione del cibo?
Una volta che ci si rende conto che la percezione del sapore avviene nella mente e non nella bocca, la strategia per aumentare l’apprezzamento cambia. Per esempio, dal pensare che i “detergenti del palato” tolgano chissà quali sensazioni gustative dalla lingua (si pensi al sorbetto) al riconoscere l’efficacia del “detergente del palato mentale”, come mettere i commensali in un buon stato d’animo prima di mangiare.
La nostra mente e la nostra cultura come possono influenzare il nostro approccio ad un nuovo alimento?
Beh, pensiamo di essere tutti nati avendo le stesse risposte ai gusti di base – ci piace il dolce e l’umami, mpariamo ad apprezzare il salato e abbiamo antipatia per acido e amaro. Questo è più o meno tutto ciò che la lingua ci consente. Le nostre risposte agli stimoli olfattivi sono in gran parte apprese – di conseguenza le differenze culturali in termini di abbinamenti tra aromi e gusti possono portare a differenze culturali nelle preferenze delle persone per i diversi alimenti.
Cosa innesca il fattore “disgusto”? Cosa possiamo fare per controllarlo?
Spesso non è evidente, vale a dire che non succede come pensiamo.
Tutti in Occidente odiano l’idea di mangiare insetti. Ma che cosa è esattamente che non piace?
Non può essere il gusto perché abbiamo solo 5 sapori fondamentali. E’ improbabile che sia l’odore, perché la maggior parte degli insetti non ha un aroma caratteristico. E’ la croccantezza? Questo però è di solito qualcosa che le persone cercano in uno snack. Penso che dobbiamo smettere di pensare che le migliaia di insetti commestibili esistenti si possano definire in termini di gusto come un unicum, e cominciare invece a tracciare delle distinzioni. La maggior parte di noi apprezza il miele, molti mangiano pappa reale e propoli – tutti, notiamo, prodotti delle api… quindi, forse il modo per entrare più facilmente nella materia “insetti da mangiare” sono i prodotti delle api?
Pensa che, rispetto alle campagne di informazione sui valori nutrizionali, il food-styling sia il modo più efficace per superare il fattore “disgusto”?
Assolutamente. Il food-styling è la chiave.
Nel solo Regno Unito, oltre il 40% delle persone scattano foto del cibo che mangiano quando sono al ristorante e postano quelle immagini sui loro canali social. Questo è grandioso, in termini di pubblicità gratuita per lo chef e il ristorante.
Abbiamo condotto ricerche con il giovane chef franco-colombiano Charles Michel per dimostrare che rendere i piatti più attraenti visivamente può davvero migliorare la simpatia, e questo è vero indipendentemente dalla presenza o meno di insetti nella ricetta.
In che modo la comprensione della mente umana porta ad una migliore progettazione degli alimenti multisensoriali?
Conoscere ciò che la mente ama è una delle chiavi.
Si noti che non si tratta di vincolare la creatività culinaria, ma di fornire soluzioni basate sull’evidenza, valutando diversi usi del medesimo ingrediente per capire quale le persone preferiscano.
E’ davvero emozionante vedere come molti giovani chef provenienti da tutto il mondo stiano abbracciando l’approccio gastrofisico: non importa solo ciò che si mette nel piatto o nel bicchiere, è anche fondamentale sapere che cosa sta succedendo nella mente del commensale.
Gli insetti commestibili sono sicuramente il prototipo del nuovo alimento che ha bisogno di “normalizzazione”. Cosa si può suggerire alle aziende del settore per migliorare la percezione che i consumatori hanno dei loro prodotti?
Qui ci sono due percorsi evidenti. Da una parte un approccio “invisibile” – basta pensare a come i produttori di cereali abbiano agito per ridurre sostanzialmente i contenuti di sale, facendolo così gradualmente che il consumatore non se ne è accorto.
In alternativa, l’altro approccio è quello di attirare l’attenzione sugli insetti, il loro gusto e le loro proprietà nutrizionali. Dire alle persone che si devono consumare o che è bene per il pianeta, probabilmente non modificherà la loro percezione.
Qual è il futuro degli insetti commestibili come il cibo in Occidente?
Difficile da dire.
Al momento non vedo alcuna grande azienda realmente impegnata sul tema.
Il successo arriverà dalle piccole start-up e dagli chef modernisti che testano i confini di ciò che è accettabile… le grandi aziende saliranno sul treno in seguito.