Intervista con il Dr. Francini, nutrizionista clinico e Presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) – Triveneto
Oggi sentiamo parlare di molti nuovi tipi di dieta -pensiamo alla paleo, alla raw, etc. Si può ancora dire valido il vecchio consiglio della nonna per cui una dieta varia ed equilibrata è la migliore?
L’alimentazione, come molti altri aspetti della nostra vita, è stata presa di mira dalle manifestazioni del consumismo e, tra queste, le miriadi di diete più o meno strampalate, più o meno dettate da motivazioni commerciali. Il vecchio consiglio della nonna è ancora valido, molto più di tante moderne suggestioni e al pari di tanti altri consigli delle nostre nonne, donne, peraltro, che avevano il pregio, raro ai nostri giorni, di saper cucinare.
Che giudizio possiamo dare dell’alimentazione media degli italiani di oggi?
Dare un giudizio sintetico è difficile perché oggi coesistono in Italia modelli e tendenze alimentari diversi. Il modello prevalente è quello di pasti veloci nella prima parte della giornata (cappuccino e brioche al bar come prima colazione, “insalatina” o primo piatto a pranzo), con il pasto centrale consumato fuori casa per motivi di lavoro e un pasto serale casalingo più ricco e con funzioni di rito collettivo che rinsalda i legami familiari dopo una giornata trascorsa ognuno per conto proprio (lavoro, scuola). Il pasto serale funge anche da momento di recupero dallo stress e questo facilita un’introduzione calorica ben superiore alle necessità fisiologiche. Gli acquisti di generi alimentari sono fatti prevalentemente presso la grande distribuzione, con lo sguardo rivolto al rapporto qualità/prezzo, privilegiando più il secondo che la prima. Le difficoltà economiche possono condurre a una malnutrizione di tipo qualitativo, dove calorie sono introdotte in quantità esuberante i fabbisogni ma sono apportate da cibo di scarsa qualità che, alla lunga, può nuocere alla salute. I giovani invece tendono a individuare locali di ritrovo pomeridiano e serale dove consumano il pasto principale della giornata. E’ recente acquisizione del nostro lessico il termine “apericena” che, pur nella sua orripilanza, riassume efficacemente il tentativo di fondere esigenze sociali e alimentari, collocandoli in un unico momento, del tutto fuori dall’ambito domestico.
Esistono infine modelli di consumo più elaborati, motivati da riflessioni sui tanti aspetti del cibo Abbiamo così scelte di natura salutistica (vegetariani, vegano ecc.), gastronomici (ricerca del prodotto tipico, regionale o etnico) o etica (alimenti da commercio equo-solidale).
Ci può chiarire meglio come sia possibile essere obesi e denutriti allo stesso tempo?
La denutrizione può colpire per varie cause anche soggetti obesi. Ciò accade, ad esempio, in corso di malattie neoplastiche, cardiovascolari o respiratorie che portano a limitare l’introito di cibo o ne compromettono l’efficace assorbimento. In questi casi il peso del soggetto rimane elevato, ma le masse muscolari e l’efficienza del sistema immunitario si riducono insieme, con serio peggioramento della prognosi del paziente.
Ha ancora senso parlare di dieta mediterranea?
La dieta mediterranea è un modello alimentare, come tale, un’entità astratta, che nella realtà viene tradotta in comportamenti articolati. Qualcuno, a cui poco piace il riferimento in termini positivi all’area mediterranea, parla di modello alimentare “prudente” (prudent pattern), per indicare un’alimentazione incentrata sul “paniere” tipico della dieta mediterranea, fatto di vegetali, cereali integrali, olio d’oliva, frutta secca oleosa, pesce, poca carne e un po’ di vino. Questa dieta è certamente attuale, perché è in grado di svolgere un’efficace azione preventiva verso le principali malattie degenerative che affliggono la nostra epoca. Esistono tuttavia altri modelli alimentari che si sono dimostrati altrettanto validi. Certo, per noi Italiani è la scelta più facile da seguire e, a mio avviso, anche quella gastronomicamente più appagante.
E’ esploso l’interesse per gli insetti commestibili e per i prodotti che li contengono. Cosa ne pensa da un punto di vista nutrizionale?
Da un punto di vista meramente nutrizionale si tratta di una valida alternativa ai comuni alimenti, poiché gli insetti sono una fonte di nutrienti completa e di elevata qualità. L’aspetto più interessante è il basso impatto ambientale della loro produzione, vantaggio di non poco conto considerato il crescente bisogno di fonti alimentari richiesto dall’incremento demografico planetario.
Stiamo assistendo ad una sorta di “globalizzazione alimentare” irreversibile che tenderà ad uniformare le diete?
Come altri aspetti della nostra vita, anche i consumi alimentari si stanno globalizzando. Se sia un bene o un male è cosa difficile da stabilire e richiederebbe ragionamenti lunghi e complicati. Personalmente, ci vedo più aspetti negativi. La globalizzazione è un fenomeno di lungo periodo e dovrà essere subita da questa generazione e da chissà quante altre in futuro, ma non penso sia irreversibile. Anche in ambito alimentare la varietà fa parte della bellezza e dà gusto alla vita, quindi ritengo che le differenze locali vadano conservate, valorizzate e studiate. Studiate, come si studia la storia, perché il cibo è veicolo di cultura e testimonianza storica. Parafrasando Indro Montanelli, potremmo affermare che chi ignora la propria tradizione alimentare non potrà conoscere davvero quella presente.