Intervista a Daniela Curion, food designer
Recentemente ti sei laureata con una tesi su un prodotto a base di insetti commestibili. Raccontaci come ti sei appassionata a questo argomento
Tutto è iniziato una sera al bar con delle mie amiche. Quando arrivi alla fine di un percorso di studi, ti capita di tirare le somme di ciò che hai imparato e di riflettere sui nuovi obiettivi da prefissarsi. Io quella sera ho deciso che la mia vocazione sarebbe stata la ricerca nell’ambito della sostenibilità ambientale. Con noi c’era anche una mia amica vegana, quella sera non poté mangiare quasi nulla. Per un momento mi è balenata questa idea per la mente: E se non fosse una nostra scelta? Se non potessimo più alimentarci come facciamo oggi perché le risorse non basteranno? Ho fatto qualche ricerca in merito e ho scoperto che questa domanda ha suscitato negli ultimi anni tante riflessioni e altrettanti tentativi di risposta. L’idea degli insetti è venuta quasi spontaneamente, a metà tra una sfida e un esperimento sociale. Lessi un articolo dell’HHS (United States Department of Health and Human Services) in cui si diceva che, nell’arco di una vita, un individuo può assumere inconsapevolmente attraverso il cibo in media sette chili di insetti. Eppure solo due miliardi di persone attualmente consumano consapevolmente questo cibo. Mi sono appassionata nel momento in cui ho deciso di mangiare dei grilli e ho scoperto che tutta quest’aura di tabù che avvolge l’entomofagia non ha motivo di esistere, perché erano buoni! A quel punto dovevo solo convincere gli altri a seguirmi nel mio esperimento.
BioSfera è il nome che hai dato al tuo progetto. Spiegaci di che prodotto si tratta e con chi hai collaborato per realizzarlo
BioSfera è uno snack dolce a base di miele e insetti. Precisamente, una goccia di 5 ml di miele e limone al cui interno ho incapsulato un insetto. La sua forma sferica e la consistenza malleabile lo rendono un prodotto accattivante sia alla vista che al tatto. Prima di arrivare a questa configurazione, ho sviluppato un modello euristico dei sensi, anche grazie all’aiuto dei miei relatori Lorenzo Imbesi e Sonia Massari, che mi hanno guidato nel progettare questo nuovo alimento. All’istituto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ho studiato delle proprietà che i terreni necessitano per favorire la crescita di insetti. Direi che è stato un lavoro frutto di tante collaborazioni perché mi sono interfacciata con tante materie di cui non ero esperta ed è questo a renderlo speciale.
Che difficoltà hai incontrato per arrivare alla produzione concreta di BioSfera?
La principale difficoltà è stata reperire gli insetti. Non essendoci una legge per vendere gli insetti in Italia, non c’è di fatto neanche la possibilità chiara di importarli. Li ho acquistati on line da un sito del Regno Unito, poco dopo il voto della Brexit, quindi il dubbio che li fermassero alla dogana era piuttosto rilevante. Fortunatamente al terzo tentativo sono riuscita a riceverli e da lì è stato tutto sviluppato empiricamente. Difficilmente un designer va a tentativi, al massimo si portano in fase di prototipazione due o tre varianti, ma col cibo è tutta un’altra storia. Ho dovuto testare almeno quaranta versioni e ogni volta perfezionavo la tecnica e mi abituavo ai sapori.
Stai pensando di produrlo e lanciarlo sul mercato?
BioSfera è nato per essere un prodotto industriale, quindi sì, se trovassi un team con cui portare avanti il progetto, mi piacerebbe riuscire a portarlo sul mercato. Ho già pensato al packaging e ad altre miscele che potrebbero essere usate oltre a quella al miele.
Pensi che l’alimentazione con prodotti a base di insetti avrà successo in Europa e in Occidente in generale?
I dati che ho raccolto mi portano a crederci. Sono già parecchie le start-up e i ristoranti che stanno investendo in questi prodotti anche in Europa. L’Occidente può solo giovare dall’introduzione dei novel food. Non sarà un percorso facile e sicuramente non si vedranno subito gli effetti, ma per cambiare le abitudini, soprattutto quelle alimentari, c’è bisogno di tempo e di fiducia da parte degli utenti, che si conquista sul campo, o meglio al tavolo.
Per un fattore di appetibilità, quanto è importante che l’insetto intero non si veda? E quanto è importante il food design per questo particolare settore?
Le aziende occidentali si stanno dedicando proprio alla sperimentazione di prodotti a base di farina di insetti, sostenendo che in questo modo si possa superare il senso del disgusto. Nel mio caso dalle interviste che ho fatto, ho scoperto che le persone preferiscono sapere che cosa stanno mangiando, e quindi solo il 26% degli intervistati ha detto preferire l’idea di mangiare gli insetti senza vederli. Una recente stima della Società Umanitaria, che sostiene il progetto EdibleInsects, racconta che più del 47% degli italiani è favorevole alla liberalizzazione degli insetti per uso alimentare, mentre il 28% delle persone intervistate afferma che proverebbe a mangiarli. Il design è sicuramente la chiave per rendere questo cibo appetibile, poiché può dare voce a nuove interpretazioni e al racconto di nuove storie veicolate dai novel food, storie di sostenibilità ambientale. In più, BioSfera è stato concepito come provocazione. Ciò significa che tutti quelli che decideranno ugualmente di non mangiare insetti, sapranno che le nostre scelte alimentari hanno reso questa fonte proteica una alternativa futura molto più probabile di quanto credano. BioSfera è un deterrente per iniziare a scegliere più consapevolmente ciò che mettiamo nel piatto.