3di Fila sugli insetti commestibili a Matteo Righetto, scrittore.
Come reagiscono i tuoi sensi all’idea di assaggiare degli insetti commestibili, o come hanno reagito la prima volta, se ti è già capitato di provarli?
Non mi è mai capitato di provarli. Vista e tatto sarebbero certamente i sensi maggiormente coinvolti in una simile esperienza: vedere un insetto “nel piatto”, riconoscerlo come cibo, metterlo in bocca, masticarlo e infine deglutirlo. Onestamente si tratta di un’idea che non riesce a sedurmi con successo, tuttavia sono una persona curiosa e pertanto credo che, vincendo qualche legittima e comprensibile resistenza, alla fine ci proverei, pur dovendo superare una certa diffidenza legata a un senso di disgusto.
Dagli insetti commestibili si possono ricavare farine (per l’utilizzo in dolci, pasta, pane, pizza), vari tipi di snack, barrette energetiche, integratori per sportivi. Quale tra questi prodotti potrebbe avere più successo in Italia?
Credo nessuno, in percentuali sensibili. Almeno non al momento.
Forse tra questi le farine hanno più possibilità di successo, però anche per queste ci vorrà del tempo. Quando si parla di cibo, va riconosciuto che l’Italia si distingue innegabilmente rispetto a una moltitudine di altri Paesi per la dimensione genuinamente culturale e godereccia che viene attribuita al cibo. Qui da noi mangiare non equivale semplicemente a nutrirsi. Noi italiani siamo fondamentalmente gastrocentrici. Un conto è ricercare un piacere estetico ed estatico nel cibo intendendo la sua consumazione come pratica associata a un certo piacere della gola, ben altro è intenderlo come nutrizione di sussistenza nuda e cruda, avulsa da ogni forma di piacere. Ecco, io credo che l’entomofagia sia riconducibile più alla seconda concezione che alla prima, e che pertanto possa avere un più rapido successo altrove, prima che in Italia.
Sostenibilità ed ecocompatibilità sono due motivi sufficienti per integrare le nostre diete con proteine provenienti da fonti alternative come gli insetti commestibili?
Purtroppo no, non penso siano motivi sufficienti per far cambiare abitudini alimentari a un popolo. Sono senz’altro due importantissime (e sagge) ragioni etiche ed ecologiche, ma da sole non bastano proprio per ciò che ho espresso nelle risposte precedenti: mangiare non equivale a nutrirsi. Mangiare è anzitutto un atto di libertà, di creatività, di euforica convivialità. Ma sono sicuro che un giorno questo varrà anche per l’entomofagia, è solo questione di tempo.