Intervista a Tommaso Gagliardi, alias Tom Cooks
Raccontaci chi sei e cosa fai
Mi sono stufato della vita che facevo come programmatore ad Amsterdam e ho deciso di mollare tutto per andare a Lisbona a piedi, attraversando Spagna e Portogallo lungo i cammini di Santiago di Compostela e Fatima.
Ho vissuto nella capitale portoghese per qualche tempo, lavorando come freelance (qualcuno direbbe digital nomad) per mantenermi.
Recentemente hai concluso un epico viaggio ciclistico in solitaria. Come ti è venuta l’idea?
A Lisbona ero fondamentalmente tornato alla vita di prima: lunghe ore davanti al computer, routine, stasi, frustrazione.
Ci ha pensato un bug a cambiare le cose: un programma a cui stavo lavorando continuava a dare problemi e a non funzionare, erano ormai tre settimane che ci sbattevo la testa.
In preda alla furia luddista ho dato un pugno al portatile e ho detto “basta, adesso vado a Singapore in bici”; nei giorni a seguire il progetto ha preso forma ed ho iniziato a scomporlo in parti: Lisbona-Istanbul, Istanbul-Ulaanbaatar, Ulaanbaatar-Singapore.
Hai attraversato parecchie culture culinarie durante il tuo viaggio, ti è mai capitato di imbatterti in qualche ricetta che contenesse degli insetti?
Durante questo mio viaggio da Lisbona ad Istanbul ho cercato 3 ricette tipiche di ciascuno dei 14 paesi che ho attraversato, concentrandomi principalmente su quelle tradizionali.
Sono un grande fan della cucina povera delle nonne, della guerra e delle carestie, perché credo sia l’antidoto alla piega modaiola che il cucinare ha preso dagli anni ’80.
Cibarsi significa anzitutto sostentarsi, il benessere esploso a seguito della seconda guerra mondiale ci ha fatto dimenticare che anche solo 2-3 generazioni fa, quando non c’era niente da mangiare, si cucinava tutto quello che si trovava (gatti, topi, serpenti, farina tagliata con la segatura, eccetera).
Purtroppo non ho provato alcuna ricetta europea che includesse insetti (principalmente piante, radici, grasso animale e carne quando capitava), ma so per certo che gli antichi greci e romani li mangiavano regolarmente, prevalentemente cicale e cavallette.
Prima di partire mi sono documentato sul cibo mediterraneo dell’antichità e ho scoperto che i Romani nutrivano le larve del rodilegno rosso (Cossus Cossus) con vino e farina per renderle più appetibili.
Consigliatissimo a riguardo il libro “Insects as Human Food: A Chapter of the Ecology of Man” di Bodenheimer.
Ne hai mai provati in altre occasioni?
Non ancora, a parte una larva di Hypopta agavis trovata in fondo ad una bottiglia di mezcal, mangiata per scommessa.
Durante questo mio viaggio tra Lisbona e Istanbul, in un campo nudista vicino a Leucate in Francia, ho trovato un pacchetto di larve fritte ed ero tentatissimo di provarle; purtroppo il costo esorbitante mi ha fatto desistere: bruciare 3 giorni di budget per provare una novità è impensabile durante un’avventura così…à la prochaine!
Che reazione ti suscita l’idea di mangiarli?
Sono un ex-entomofobo e ho imparato da autodidatta ad avvicinarmi e a sopportare la presenza di insetti, aracnidi e artropodi; vivere a stretto contatto con la natura e dormire nei campi ha sicuramente semplificato il rapporto con gli insetti, anche se a volte mi mettono ancora un po’ a disagio e mi rendo conto di aver molto da imparare: in Albania sono stato ospitato da una famiglia di contadini, quando il padrone di casa ha notato una scolopendra (credo Dalmatica) l’ha uccisa calpestandola con nonchalance, senza scarpe.
Sono molto curioso e mi piace molto provare cibi che non conosco, se mi offrissero insetti cucinati bene li proverei molto volentieri – se avete bisogno di una cavia volenterosa mi offro volontario!
Pensi che l’entomofagia avrà un futuro anche in Occidente?
I motivi per cui non ci cibiamo di insetti credo siano principalmente due: anzitutto non siamo abituati agli insetti quanto le popolazioni che vivono in un ecosistema tropicale perché da noi fa più freddo, più a lungo; di insetti se ne vedono pochi e credo che l’uomo europeo si sia abituato a non considerarli una fonte affidabile di cibo; sempre per colpa del clima le nostre case sono chiuse, con finestre e porte solide, e non possiamo vivere a contatto con la natura come capita nelle regioni più calde del mondo.
Vi è poi un forte ostacolo culturale, non siamo avvezzi agli insetti né a vivere in simbiosi con loro, tendiamo a vederli come animali infestanti e fonte di malattie; credo che anche l’introduzione della religione cristiana in Europa abbia incentivato questo il distacco da tutto ciò che è a stretto contatto con la terra.
Per fortuna, però l’uomo si abitua all’ecosistema e si alimenta di conseguenza.
Se anche un carnivoro sfegatato come Arnold Schwarzenegger consiglia pubblicamente di ridurre il consumo di carne e prediligere fonti di proteine alternative significa che stiamo andando nella direzione giusta verso un onnivorismo più sostenibile.
Il segreto per rendere gli insetti più appetibili agli occidentali forse consiste nell’eliminare tutti i fattori che scatenano disgusto (antenne, zampe, teste, esoscheletri) e trasformare ciò che rimane in ingredienti non immediatamente identificabili dagli entomofobi.
Il tuo prossimo progetto?
Dopo 1.600km a piedi e 12.300 in bici è tempo di imparare ad andare in moto e macinare un bel po’ di strada! Il modo migliore per restare aggiornati sulle mie prossime avventure è seguirmi su instagram e sul mio sito.