Stime recenti indicano che la richiesta di alimenti di origine animale subirà un aumento del 70-80% entro il 2050 (FAO 2013). Inoltre, i cambiamenti climatici avranno un impatto negativo sui sistemi di produzione primaria quali l’agricoltura, l’allevamento, la pesca e l’acquacoltura. Ciò porterà ad una competizione crescente per le risorse naturali che saranno sempre più limitate nei decenni a venire. Per queste ragioni, è necessaria una profonda modifica nello sfruttamento e nella gestione delle risorse, che porti ad un loro migliore utilizzo, e alla creazione di sistemi di produzione e lavorazione più sostenibili, al fine di produrre più cibo con minori input, minore impatto ambientale e riduzione delle emissioni di gas serra. La sfida, quindi, per la comunità scientifica nazionale e internazionale è quella di rendere possibile l’aumento della produttività alimentare per mezzo di sistemi alimentari sostenibili, per garantire un’alimentazione sana, sicura, sufficiente e dignitosa per ogni essere umano.
Una valida alternativa potrebbe essere rappresentata proprio dagli insetti.
Infatti sempre maggiore è l’attenzione da parte dei Paesi Occidentali nei confronti degli insetti per uso alimentare, considerati interessanti soprattutto per il loro elevato contenuto proteico, così come è stato enfatizzato anche a Expo 2015.
Nel 1885 Vincent M. Holt, convinto entomofago inglese, scrive un libro dal titolo molto provocatorio “Why not eat insects?” in cui si domanda perché la società occidentale si ostini a non considerare gli insetti, che oggi rientrano nella categoria “Novel Foods”, alimenti commestibili. L’autore argomenta in modo assolutamente logico il suo punto di vista tentando di demolire i pregiudizi contro questo tipo di alimento. Partendo dal ricordare che gli insetti sono costituiti delle stesse sostanze della carne normalmente consumata, Holt paragona questo alimento ad altri, non solo diffusi ma anche apprezzati e pagati a caro prezzo, come l’anguilla (definita lo spazzino del mare), il polipo, le seppie, le ostriche, senza tralasciare nemmeno lo “sporco” maiale, chiedendosi quali siano le basi del disgusto provocato dagli insetti. Afferma quindi che questi animali, considerati dannosi per l’agricoltura, potrebbero essere consumati per risolvere parte dei problemi di sottonutrizione del mondo contadino.
La FAO stima che, nel mondo, siano attualmente più di due miliardi le persone che consumano insetti (Fao 2013 “Edible Insect, future prospects for food and feed security”). Quest’abitudine si riscontra, obiettivamente, maggiormente all’interno di situazioni rurali, nelle quali l’ambiente in cui le popolazioni vivono non offre molte risorse, come in Africa, Sud-America e Asia.
Ma questa è la solo una parte di realtà. Infatti uno dei pregiudizi più comuni è pensare che coloro che consumano insetti lo fanno solo per necessità o mancanza di cibo. Ci sono, al contrario, anche Paesi, quali Cina, Giappone Thailandia, Cambogia, Messico, in cui tale pratica avviene perché gli insetti sono considerati buoni, delle vere e proprie prelibatezze, come ad esempio le “uova” (in realtà si tratta di pupe) di formica messicane, rinominate infatti come “caviale Azteco”.
Non tutti sanno, poi, che in varie regioni italiane esistono formaggi, la cui commercializzazione è oggi vietata, colonizzati da insetti. Il più noto (ma non l’unico) è il “casu marzu” della Sardegna che viene lasciato colonizzare dalle larve di una mosca (Piophilia casei).
Ora, volendo tralasciare in questo articolo gli aspetti nutrizionali, di cui in letteratura si stanno svolgendo molti studi e approfondimenti, a livello aziendale allevare insetti è conveniente? Può un allevamento di insetti competere coi prezzi di mercato di altri allevamenti zootecnici?
L’allevamento degli insetti commestibili è una pratica piuttosto recente, poiché gli insetti utilizzati per l’alimentazione sono sempre stati prevalentemente raccolti in natura (Cappellozza, 2010). Allo stato attuale, scarsi sono gli allevamenti che possono considerarsi “a scala industriale”. Infatti, per poter definire un allevamento come “industriale”, bisogna adottare degli standard basati sulla produzione giornaliera, la concentrazione produttiva, la meccanizzazione e il contenimento dei costi.
Allo stato attuale, i sistemi di produzione di insetti commestibili su larga scala sono (contrariamente a quanto si può pensare) molto costosi. Meuwissen (2011) ha stimato che la produzione di larve di Tenebrio molitor (Coleoptera, Tenebrionidae) è circa cinque volte economicamente più onerosa di quella del pollo.
La scelta della specie di insetto assume una rilevanza particolare per determinare la possibilità di iniziare un allevamento di tipo industriale. Infatti, le specie d’insetti prescelte devono rispondere a requisiti fondamentali (Kok, 1983; Gon e Price, 1984) come per esempio avere una struttura sociale di tipo gregario, con eventuale possibilità di convivere con insetti di altre specie; non presentare competizione, né intraspecifica, né interspecifica e non mostrare cannibalismo; dal punto di vista alimentare, essere nutriti con cibo facile da reperire.
Nell’ambiente d’allevamento ci sono molti fattori da cui dipende non solo il benessere degli insetti, ma la loro produttività e il loro tasso di riproduzione. Se, ad esempio, consideriamo uno solo di questi fattori, quali l’umidità relativa, ci accorgiamo che non è sufficiente controllare l’umidità ambientale, ma è fondamentale monitorare quella del substrato. Inoltre, ci possono essere esigenze diverse in conseguenza dello stadio attraversato dallo stesso insetto e, frequentemente, ci troviamo in situazioni in cui, nello stesso ambiente, sono allevati insetti che sovrappongono fasi diverse del loro ciclo vitale. Possiamo adottare analogo ragionamento per la temperatura, il fotoperiodo, l’intensità e la lunghezza d’onda delle fonti luminose, senza contare le eventuali contaminazioni dell’aria. Il fattore umano è pure fondamentale nell’allevamento, in quanto determina l’accuratezza di ogni operazione, la capacità di reazione di fronte a situazioni inusitate, individuando strategie adeguate, l’igiene e lo standard qualitativo generale. Anche la struttura d’allevamento può mostrare punti critici, che sarà cura del personale individuare e correggere.
Partendo proprio da questi presupposti, la Facoltà di Agraria di Bologna, presso il laboratorio di Entomologia del DipSA, ha voluto effettuare una prima stima dei costi di produzione di un insetto edibile ovvero Galleria mellonella, valutando l’intera filiera produttiva nell’allevamento.
Galleria Mellonella (Lepidoptera Pyralidae), conosciuta anche con il nome di camola del miele, è un lepidottero le cui larve in natura di solito scavano gallerie nei favi dell’ape domestica e si nutrono principalmente di miele e cera; per questo motivo può diventare dannosa determinando gravi perdite economiche agli apicoltori.
La larva raggiunge una lunghezza massima di circa 3 cm. Risulta essere di color bianco panna con il capo color marrone. Costituisce una vera leccornia per tutti gli animali insettivori grazie al suo gusto dolciastro che gli viene dato dal fatto che si nutre di miele.
Gli adulti sono falene di colore marrone-grigio, con apertura alare di circa 1,5 cm. Le femmine depongono uova all’interno degli alveari, o nei favi immagazzinati, in modo tale che poi le larve appena nate possano nutrirsi della cera e del miele presente.
L’allevamento sembra sostenibile dal punto di vista ambientale e sanitario in quanto la dieta dell’insetto è povera d’acqua, e per questo meno soggetta ad alterazioni ad opera di muffe e batteri. Possiamo quindi parlare di vantaggio competitivo in quanto l’allevamento di G. Mellonella va a minimizzare l’utilizzo d’acqua. Inoltre se lo paragoniamo a qualsiasi altro tipo di allevamento zootecnico (suini, bovini, pollame…) ha ridottissime emissioni di gas serra. Ma a livello economico quanto costa produrre G. Mellonella?
I risultati della ricerca sono stati calcolati allo scopo di ottenere il costo di produzione di 1 kg di larve di G. Mellonella.
Il costo totale è risultato essere di 52,6 euro/Kg di larve. Questo risulta essere abbastanza elevato. Bisogna però ricordare che la dieta artificiale di G. Mellonella impiegata presso il laboratorio di Entomologia del DipSA ha dei costi elevati dovuti alla alta qualità dei materiali utilizzati nella preparazione, in quanto risulta essere una dieta esclusivamente naturale e priva di additivi artificiali. La dieta utilizzata per alimentare le larve di G. Mellonella è stata messa a punto da Campadelli (1986) attraverso successive modifiche di quella formulata dall’istituto di Entomologia dell’Accademia Ceca delle Scienze (Sehnal, 1966).
Inoltre è da sottolineare che si tratta di una produzione su piccola scala e tali costi quindi sono risultati piuttosto elevati; tuttavia, potrebbero risultare considerevolmente più bassi se la produzione fosse realizzata su scala industriale. E’ ipotizzabile quindi uno scenario in cui l’alimentazione delle larve sia sostituita da prodotti meno pregiati, che porterebbero ad una riduzione del costo di produzione. Occorrerà, però, tenere conto della qualità delle larve, che non dovrà risultare compromessa.
Per quanto concerne i prezzi della dieta si nota come alcuni ingredienti gravano maggiormente sul costo finale al kg. Tra gli ingredienti più costosi includiamo il latte in polvere, la cera grezza italiana e il miele millefiori.
Altro costo che grava è poi quello della manodopera. Questo costo incide in maniera preponderante sul costo totale (quasi 80%), poiché è necessario il lavoro di personale altamente qualificato. Diversa potrà essere la situazione per un allevamento su scala industriale, che beneficerebbe di economie di scala almeno sul piano dei consumi di manodopera.
I costi fissi, viceversa, risultano di poca rilevanza, poiché al di sotto del valore di € 1. Questo aspetto è sicuramente interessante dal punto di vista aziendale. E’ da sottolineare che questi costi sono stati calcolati imputando unicamente le ore di utilizzo effettivo delle attrezzature: le ore, cioè, espressamente dedicate alla produzione dell’insetto oggetto di studio; questo perché l’allevamento di G. mellonella viene condotto in laboratorio attraverso l’utilizzo di macchinari in condivisione. Questa ipotesi assume comunque un pieno utilizzo delle macchine, in assenza del quale, i costi si rivelerebbero più alti.
Infine, il costo finale di produzione non tiene conto delle esternalità, quindi degli aspetti etico/ambientali ed eventualmente salutistici connessi all’allevamento della G. Mellonella, che risultano di grande interesse in considerazione delle attuali problematiche di produzione sostenibile e cambiamento climatico.