Intervista con Carmen Nicchi Somaschi, Presidente dell’Associazione Vegetariana Italiana (AVI)
Domanda a risposta scontata (ma è giusto per chiarire bene la premessa): i vegetariani possono integrare la dieta con insetti commestibili o prodotti da essi derivati?
La ringrazio per la domanda, in realtà non è così scontata, ultimamente c’è molta confusione su cosa sia vegetariano/vegano e non.
I vegetariani non mangiano ciò che ha origine diretta dall’animale e che ne ha causato l’uccisione (carne, pesce, salumi, etc.) mentre i vegani hanno eliminato anche i derivati di origine animale (latticini, uova, miele, etc.). Per un vegetariano o vegano non sarebbe quindi possibile integrare la propria dieta con insetti commestibili.
Si legge che i sistemi di raccolta delle colture nell’agricoltura moderna causino la morte di moltissimi insetti, uccelli e piccoli mammiferi che abitano i campi coltivati. Ne conseguirebbe che il vegetariano, pur non nutrendosi di animali, in modo indiretto sarebbe comunque coinvolto in un meccanismo alimentare che ne contempla l’uccisione. Cosa ne pensa?
Istintivamente mi viene da pensare alla teoria dell’effetto farfalla, diventa obbligatorio quindi porsi la domanda al contrario: può una farfalla non sbattere le ali per evitare di provocare un uragano dall’altra parte del mondo? Penso di no. Dal momento che alimentarsi resta ancora una scelta imprescindibile, l’impegno dato dalla scelta vegetariana, se fatta per motivi etici, sia sempre quello di creare il minor danno e impatto, non solo nei confronti degli animali, ma anche verso l’ambiente.
Gli insetti commestibili possono essere una delle risposte al crescente bisogno globale di proteine, senza dubbio hanno un impatto ambientale infinitesimo rispetto alle colture intensive e all’allevamento del bestiame, richiedono meno suolo, meno acqua e convertono molto più efficacemente il cibo in nutrienti. Pensa che questi vantaggi possano essere sufficienti perché vegetarianesimo ed entomofagia possano avere un punto di contatto?
In natura esistono molte fonti proteiche senza dover ricorrere al consumo di carne, prima dell’avvento degli allevamenti intensivi intere popolazioni non avevano accesso alla carne come fonte proteica. Sono molte le alternative alimentari con un impatto decisamente minore, in termini di risorse, spazio e inquinamento, che non implicano l’uccisione animale. Perché dovremmo introdurre il consumo di insetti in culture alimentari che non lo prevedono quando esistono già valide alternative che favorirebbero invece la riscoperta di colture autoctone ormai quasi scomparse? Senza contare che le risorse investite attualmente negli allevamenti intensivi basterebbero per approntare colture sufficienti per ridurre, se non eliminare, il problema della distribuzione delle risorse alimentari nel mondo.
A fianco a quella vegana e vegetariana, si sta affacciando la dieta climatariana. La ricetta giusta per un’alimentazione sana e sostenibile potrà essere composta da una miscela di questi ingredienti oppure la via da seguire è una ed univoca?
Diversi studi, condotti o confermati da fonti autorevoli, dimostrano quali siano gli effetti degli allevamenti intensivi in termini ambientali. Si parla di un impiego eccessivo di risorse, impoverimento del suolo, disboscamento, immissioni altissime di CO2, solo per citarne alcuni. Il nostro pianeta ha fonti sufficienti per sfamare la sua popolazione, perché continuino a rimanere tali dobbiamo semplicemente imparare ad usarle meglio.
Molti dicono che queste diete alternative rimarranno sempre di nicchia, nonostante tutto. Lei cosa ne pensa?
Penso che questa affermazione non possa riferirsi al vegetarismo, già da tempo la nostra non è più una scelta di nicchia. Basti pensare che attualmente in Italia il 10% della popolazione ha già effettuato questa scelta di vita, percentuale in costante aumento.