Abbiamo intervistato Erica Simoni, recentemente laureata all’Università di Parma con una tesi dal titolo “Alimenti per il futuro. Studio sulla percezione e comportamento del consumatore occidentale in relazione a prodotti contenenti farine di insetto”.
Da cosa è nato il tuo interesse per gli insetti commestibili?
Il mio interesse per gli insetti commestibili è nato durante il periodo di scambio Erasmus che ho trascorso presso l’Università olandese di Wageningen.
Inizialmente incuriosita da alcune scatolette di insetti essiccati, che avevo trovato più volte nei supermercati, mi sono domandata, perché in Italia non se ne parlasse ancora e men che meno fossero entrati in commercio prodotti di questo genere. Ho approfondito la ricerca, venendo a conoscenza del gruppo di ricerca che opera presso il dipartimento di entomologia ed ho scoperto l’evento organizzato a settembre 2013 “Wageningen the city of insects” mirato all’informazione ed educazione delle persone.
Una realtà ed un approccio così diversi da quelli italiani, eppure ancora entro confini Europei. Cosa caratterizza la scelta e l’accettazione di tali prodotti da una popolazione piuttosto che da altre? Da qui ho preso spunto per la mia tesi, ho così pensato di svolgere uno studio relativo la percezione ed il comportamento del consumatore occidentale relativamente prodotti contenenti farine di insetto. Oggetto dello studio sono così stati dei biscotti realizzati con un 10% di farina di grillo Acheta domesticus mentre i soggetti rispondenti sono stati studenti universitari, una parte dell’Università degli Studi di Parma ed altri residenti in Olanda.
Come hai raccolto i dati per compilare il tuo studio?
Ho realizzato un questionario strutturato sulla base della Theory of Planned Behaviour (Ajzen, 1991), utilizzata in ambito socio-economico per lo studio del comportamento pianificato del consumatore. Questionario che è stato inviato tramite mail a gruppi di studenti dell’Università degli studi di Parma (Dipartimenti di Economia, Scienze degli Alimenti e Scienze Ambientali), mentre un’altra versione dello stesso, tradotta in inglese, è stata divulgata tramite socialnetwork a gruppi di studenti residenti in Olanda.
Con questa tipologia di questionario ho così raccolto dati relativi alle credenze soggettive che stanno alla base dei ragionamenti che portano ad un comportamento. Dalla variabile atteggiamento che comprende le valutazioni personali, alla norma soggettiva che non è altro che l’influenza sociale data da tutto ciò che le altre persone pensano (in particolare genitori, amici e medici nutrizionisti in questo caso), fino ad arrivare al controllo comportamentale percepito, insieme di tutti quei fattori sui quali non si ha il controllo che però agiscono sull’intenzione. Infine, la variabile intenzione, che è l’intento dichiarato ad assumere un determinato comportamento e precede il comportamento finale effettivo.
Quali sono gli elementi principali che guidano le nostre reazioni di fronte ad un cibo nuovo?
Sicuramente le tradizioni che spesso e volentieri inducono a blocchi culturali e paura del nuovo, o semplicemente diverso da ciò che la propria cultura impone.
Un ruolo importante è giocato anche dall’aspetto e colore del cibo.
Infine, non conoscenza e disinformazione, sicuramente non aiutano a superare la sfiducia e il rifiuto del “nuovo”.
Gli insetti commestibili inducono nei potenziali consumatori occidentali una reazione di disgusto, almeno inizialmente. A cosa è collegato il moto di disgusto in questo campo?
Come appena detto, aspetti culturali sommati ad una scarsa conoscenza e disinformazione, provocano senz’altro sfiducia ne provare un prodotto cosi inusuale e lontano dalle proprie abitudini alimentari.
Inoltre la modalità di presentazione: se si tratta di insetto intero (visibile) o di farina di insetto (non visibile), la reazione e successivo comportamento del consumatore saranno differenti, in quanto la visibilità o meno dell’ingrediente “insetto” è di forte impatto nel prendere la decisione di consumare o meno un prodotto.
Quanto la tradizionale cultura culinaria di una popolazione può divenire una barriera all’introduzione di alimenti che tradizionali non sono?
A mio parere gli aspetti culinari, quali la tradizione, sono sicuramente i primi a costituire una barriera, in particolare in Italia, luogo di specialità gastronomiche e buon cibo, dove gli insetti non sono considerati alimenti ma anzi, principalmente visti come sporchi, infestanti e disgustosi.
Tuttavia, c’è chi riesce a vedere la questione da un altro punto di vista e punta a sfruttare le nostre capacità culinarie e gastronomiche al fine di creare alimenti più simili alla nostra tradizione, utilizzando questi nuovi ingredienti. Parliamo così di farine di insetti e non di insetti interi.
La chiave di comunicazione per il prodotto “insetto commestibile” deve contemplare anche aspetti scientifici, igienici e sanitari per superare quelle barriere?
Sicuramente una buona comunicazione delle caratteristiche dell’alimento “insetto commestibile” o meglio ancora “prodotto a base di farina di insetto” aiuterebbe ad oltrepassare un primo strato di barriere. Indicazioni sull’origine, aspetti igienico-sanitari, ma anche nutrizionali e di consumo, aiuterebbero a conquistare pian piano la fiducia dei consumatori.
L’insostenibilità del nostro attuale modello di produzione alimentare può dare una spinta alla consapevolezza e quindi all’accettazione di un cambiamento che preveda di integrare le nostre diete con proteine provenienti da fonti alternative come gli insetti commestibili?
Credo che l’Italia, a livello di produzione, industriale e ristorativo, potrebbe avere tutte le possibilità di intraprendere al meglio questa nuova strada. Il solito problema viene dalla cultura e dalla comune idea di “insetto=sporco” e quindi disgustoso, infestante e quindi distruttore di raccolti e produzioni, fastidioso e quindi del tutto inutile e semplicemente da eliminare.
Andiamo verso un futuro prossimo in cui l’entomofagia sarà normalmente praticata anche in Italia (e in Europa)?
Ricollegandomi al discorso delle tradizioni, non parlerei esattamente di “entomofagia” che prevede il normale consumo di insetti all’interno di una dieta, bensì dell’introduzione di nuove fonti alimentari cosiddette “smart” che, sia per vantaggi nutrizionali che ambientali, entreranno a far parte della nostra alimentazione. Prima in Europa dove alcuni paesi stanno già sperimentandone il consumo e in futuro anche in Italia, che non può lasciarsi perdere l’occasione per rimanere al passo con il resto dei paesi.
Tu sei riuscita a vincere il disgusto e ad assaggiare degli insetti?
Mi sono subito incuriosita alla vista di larve essiccate ed insetti adulti quali grilli e cavallette. Prima di consumare ho avuto la fortuna di poter chiedere consiglio ad alcuni studenti provenienti dal Sud America, Mexico e Thailandia che mi hanno aiutato a nella preparazione dei grilli. Li ho trovati molto gustosi e sapidi.
Essendo appassionata di cucina, ho successivamente provato per curiosità anche le larve inventandomi una sorta di insalata croccante e non poteva naturalmente mancare la prova della pizza fatta in casa.
Onestamente, l’idea di consumare cavallette intere mi provoca maggior disgusto, sono infatti più favorevole all’utilizzo di farine di insetti al fine di arricchire nutrizionalmente alcuni prodotti. Tuttavia, se dovessi avere la possibilità di trovarle già preparate e pronte al consumo, le assaggerei sicuramente.