3diFila sugli insetti commestibili al Colonnello Mario Giuliacci, meteorologo
Come reagiscono i suoi sensi all’idea di assaggiare degli insetti commestibili, o come hanno reagito la prima volta, se le è già capitato di provarli?
Non mi è mai capitato. Ho apprezzato le lumache, che sono in qualche modo un concetto di carne alternativo a quello abituale e che forse possono rappresentare un passo nella direzione degli insetti commestibili, ma ora ho un senso di repulsione anche per le lumache. Non saprei spiegare bene come mai io abbia cambiato i miei gusti in questo senso, è un fatto istintivo.
Detto questo, non credo che trovandomi nell’occasione di poter assaggiare gli insetti li assaggerei. Non mi sento preparato psicologicamente…ma in fondo è da poco che in occidente si parla di consumo degli insetti commestibili, e probabilmente non sono preparato perché in settant’anni di vita ho avuto conoscenza di questo argomento solo negli ultimi. Se mi ci fossi avvicinato a vent’anni, e a quella età si ha voglia di sperimentare e si è pronti a cambiare. Io non me la sento.
Dagli insetti commestibili si possono ricavare farine (per l’utilizzo in dolci, pasta, pane, pizza), vari tipi di snack, barrette energetiche, integratori per sportivi. Quale tra questi prodotti potrebbe avere più successo in Italia?
Se si trattasse di assaggiare prodotti che non contengono gli insetti così come si trovano in natura, ma in cui l’insetto è un ingrediente (come la farina), allora li proverei. Se il preparato è amorfo tutto è sicuramente più facile.
Sostenibilità ed ecocompatibilità sono due motivi sufficienti per mangiare meno carne e integrare le nostre diete con proteine provenienti da fonti alternative come gli insetti commestibili?
Io ci credo, anche perché questo è un argomento non più relegato a delle nicchie ma se ne discute diffusamente. Le nuove generazioni sapranno certamente utilizzare queste nuove fonti proteiche, come gli insetti commestibili.
Però vorrei aggiungere che non dobbiamo esagerare dicendo che la produzione della carne in maniera tradizionale è una delle cause principali del global warming. Se andiamo a vedere quanti animali c’erano sul pianeta un secolo fa, troveremo ad esempio che ai milioni di bufali che abbiamo cacciato abbiamo sostituito milioni di mucche allevate, probabilmente spostando di poco il computo generale in termini di capi. Probabilmente i gas emessi dalle flatulenze dei bovini allevati oggi sono gli stessi –in termini quantitativi- di quelli emessi quando c’erano meno mucche e più bufali. Ovvio che se riduciamo la concentrazione dei capi ridurremo anche le emissioni.