Intervista a Matteo Miceli di Crunchy Bites
Come hai iniziato a scrivere di entomofagia e insetti commestibili?
Essendomi laureato in Biologia prima ed in Chimica poi, scrivere di argomenti scientifici è stata una scelta naturale per me. L’autunno scorso venni a sapere che un editore cercava un autore che si occupasse di un particolare settore di nicchia: l’entomofagia, appunto. L’autore in questione sarebbe dovuto essere in grado di scrivere dell’argomento da un punto di vista divulgativo, ma anche di trovare le informazioni necessarie all’interno del mare magnum della letteratura scientifica: non solo sentii di possedere le competenze necessarie, ma fui subito incuriosito dall’argomento. Incidentalmente ero anche fresco di un master in giornalismo, così mi misi a cercare informazioni sull’argomento: nonostante il mio vegetarianesimo di lungo corso, me ne appassionai subito. Scrissi due brevi articoli introduttivi sull’entomofagia e li sottoposi all’editore in questione come portfolio: lo convinsi ed ottenni la collaborazione con il neonato Crunchy Bites.
Man mano che gli articoli venivano pubblicati, notai che l’argomento suscitava molto interesse e curiosità. Dopo avere ottenuto la borsa di dottorato in Biochimica, mi capitò di parlare di questo interesse con la mia supervisore; poco tempo dopo, questi mi chiese di tenere una lezione al riguardo presso gli studenti della scuola di specializzazione in Scienza dell’Alimentazione… per farla breve mi sono ritrovato a tenere una lezione universitaria sui valori nutrizionali degli insetti. Oggi continuo a trovare l’argomento molto interessante, a scriverne e a collaborare con Crunchy Bites.
Come vedi il futuro dell’entomofagia?
Guardando all’entomofagia con occhio razionale non posso che trovare promettenti i numeri che descrivono le proprietà nutritive degli insetti: più che questo o quel singolo valore, la cosa che non smette di sorprendermi è l’enorme possibilità di scelta che gli insetti offrono. Sono una classe di animali che comprende un numero enorme di specie, assai diverse fra loro ed altrettanto differenti dal punto di vista del contenuto nutrizionale: questo fa sì che, almeno teoricamente, si possa scegliere la specie che fa precisamente al caso nostro, in base alle esigenze del momento. Hai bisogno di tante proteine? Ecco qui delle cavallette. Sei in carenza di ferro? Tieni, mangia un piatto di larve di falena. Fantastico!
C’è anche una motivazione di tipo ambientale che salta all’occhio: gli insetti da allevamento sono molto meno esigenti in termini di cibo, acqua e suolo necessario rispetto ai mammiferi ed agli uccelli tradizionalmente allevati. Inoltre producono molti meno scarti, soprattutto dal punto di vista di gas come ammoniaca e metano.
Trovo poi l’entomofagia estremamente affascinante per lo stridente contrasto fra i suoi vantaggi razionali e l’irrazionale disgusto che suscita, disgusto che, sia chiaro, esiste, ha una sua dignità e nel contesto storico delle nostra matrice culturale ha una serie di valide ragioni per essere. Questo nonostante la sua matrice artificiale risulti evidente ad uno sguardo appena più approfondito. Te lo mostro con un esempio tipico: sulle nostre tavole i crostacei sono presenti a pieno titolo e senza causare disgusto alcuno, anzi. Ma insetti e crostacei sono parenti relativamente stretti da un punto di vista evolutivo, perché appartengono allo stesso phylum (macrogruppo tassonomico), quello degli artropodi…in effetti è piuttosto semplice constatare le analogie fra una cavalletta ed una cicala di mare anche senza sapere nulla di tassonomia.
È una situazione che costringe a porsi delle domande, e personalmente amo ciò che fa mettere in dubbio le convinzioni.
L’idea che ho dell’entomofagia in questo momento è quella di un “mondo” nettamente dicotomico. Da un lato ci sono realtà in cui l’entomofagia è un fenomeno profondamente radicato nelle rispettive culture, presso cui il cibarsi di insetti è una pratica che trova le proprie ragioni nei piatti tradizionali, in cui gli insetti sono delle delicatezze molto apprezzate, oppure rispondono alla necessità di procurarsi cibi nutrienti e molto economici. Per intenderci, mi riferisco a cose come le portate messicane a base di uova di formica o agli scorpioni arrostiti che si possono trovare lungo le strade di Bangkok, ma penso anche a tutti quei fenomeni di raccolta, commercio e addirittura celebrazione sorti intorno all’uso alimentare delle larve del Mopani, in vari paesi dell’Africa centro-meridionale, o ai vari insetti che fanno parte del cibo tradizionale dei nativi australiani.
E il futuro dell’entomofagia nel mondo occidentale?
L’entomofagia come è praticata nelle zone più ricche del mondo, grosso modo in Europa, Nord America ed Oceania, mi pare assuma le caratteristiche di un fenomeno di nicchia emergente, pur con tutte le carte in regola per entrare a far parte dei fenomeni di massa: molto sommariamente, mi sembra praticata da piccole nicchie pionieristiche presso cui suscita interesse ed entusiasmo, mentre il grande pubblico è diviso fra la curiosità ed il rifiuto (che in questo caso assume l’aspetto del disgusto). Se preferisci, credo abbia l’aspetto di un fenomeno discretamente chic, che può benissimo restare all’interno della propria nicchia oppure diffondersi per gradi risultando sempre meno strano. Al momento l’entomofagia mi sembra una pratica scoperta relativamente da poco con un ricco fermento di idee e proposte innovative che ruotano attorno ad essa. Ho l’impressione però che le caratteristiche di calderone di novità e di cambiamento non siano limitate all’ambito commerciale (penso alle varie ditte che, fuori dall’Italia, stanno producendo cibi derivati da insetti allevati, o ad alcuni Kickstarter per cose come barrette dietetiche a base di grilli e larve), ma provengano anche dagli ambienti accademici e legislativi. Questi sono solitamente più lenti e refrattari nel recepire il cambiamento, ma anche anche dotati dell’autorità necessaria ad influenzarlo e, almeno in qualche misura, a guidarlo.
Perciò qual è la tua “previsione”?
E’ molto difficile fare delle previsioni circa il futuro dell’entomofagia. Se per il primo dei due ambiti che ho citato sopra non credo ci saranno grossi cambiamenti nel breve periodo, suppongo sarà il secondo, quello che ci riguarda più da vicino, a vedere le maggiori novità nel minor lasso di tempo.
Come dicevo prima, mi pare che il fenomeno si stia approcciando ad un bivio, avendo da un lato la possibilità di finire nell’archivio delle varie mode passeggere (moda peraltro ancora praticamente assente da noi), dall’altro quello diventare un fenomeno praticato da moltissimi, senza particolari clamori. Di certo, forte anche la moderata attenzione mediatica che l’entomofagia ha ricevuto durante i giorni di Expo, ho l’impressione che un discreto numero di persone sia giunta ad un primissimo punto di consapevolezza, che sintetizzerei in “sanno che esistono alcuni che vivono nelle città e ogni tanto mangiano gli insetti”. Non molto insomma, ma la differenza rispetto ad un anno fa dal mio punto di vista è palpabile.
Il paragone col sushi è un leit motiv piuttosto comune presso i blogger statunitensi: fino a vent’anni fa nessuno mangiava pesce crudo, oggi invece lo fanno tutti. Quindi è ovvio che l’entomofagia diventerà a breve non solo diffusa, ma considerata normale.
Personalmente non credo che ci siano tutte queste analogie fra i due fenomeni, né che gli insetti verranno sdoganati così facilmente. Nel caso del sushi si parla pur sempre di un alimento largamente presente in quello che con una brutta espressione definirei il nostro ”DNA culinario”, mentre gli insetti partono da una prospettiva opposta: non solo non sono mai stati considerati parte degli ingredienti della dieta mediterranea (o continentale), ma anzi, subiscono la tara di animali brutti, sporchi, associati al pattume, allo sporco, al decadimento. E a poco valgono le similitudini con i loro “cugini”, i crostacei. Per questo non credo che le persone che subiscono il “fattore disgusto” siano così facili da convincere, né che non abbiano delle buone ragioni dalla loro.
C’è però un importante fattore opposto a questo che credo accelererà notevolmente il processo: le forze istituzionali che mi danno l’impressione di stare attivamente spingendo per la diffusione di conoscenza e, successivamente, accettazione dell’entomofagia. Questo si vede a tutti i livelli: nel 2013, un famoso rapporto della FAO ha esplicitamente consigliato l’adozione degli insetti come cibo, un cibo sia accessibile ed economico, sia amico della salute e dell’ambiente. Nell’arco dello scorso autunno, l’EFSA ha pubblicato un parere sui rischi legati all’allevamento degli insetti commestibili –un fatto rilevante di per sé, perché indicava un interesse verso la pratica e, dunque, l’invito alla promulgazione di norme che permettessero ai possibili produttori di operare nella legalità. Credo non sia un caso che qualche tempo dopo gli insetti sono stati inseriti dall’Unione Europea all’interno del novero dei “Novel Foods”, permettendo quindi agli Stati membri di emettere normative locali omogenee che regolamentino l’allevamento ed il consumo di insetti commestibili. Mi riesce difficile credere che tutto questo non sia anche frutto di sollecitazioni da parte di gruppi interessati a trarre del guadagno dall’immissione nel commercio nostrano degli insetti commestibili.
Dovendo azzardare, direi che secondo me nell’arco di cinque anni gli insetti commestibili saranno una realtà accessibile a tutti in Italia, e che in venti anni, lo stesso tempo che è servito al pesce crudo, potrebbero essere considerati come una cosa normale. Naturalmente è possibilissimo che venga smentito dai fatti, ma è degno di nota il fatto che in Belgio ed in Olanda da qualche anno sia già possibile trovare cibi a base di insetti sugli scaffali dei supermercati.